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di Lorenza Pleuteri


La Repubblica, 3 marzo 2021

 

L'overdose è la causa di morte ipotizzata dai consulenti dei pm. Restano aperti altri tronconi dell'inchiesta: quelli sui reati commessi dai detenuti durante le rivolte e su pestaggi e maltrattamenti denunciati da alcuni di loro.

A quasi un anno dalle rivolte carcerarie di marzo 2020, e dalla fine tragica di tredici detenuti, la procura di Modena chiede l'archiviazione delle indagini sul decesso di otto dei reclusi che ci hanno rimesso la vita, i cinque spirati nel carcere della cittadina emiliana e tre dei quattro morti durante o dopo il trasferimento negli istituti di altre località. A confermare le indiscrezioni ufficiose, circolate in mattinata, è nel primo pomeriggio il procuratore capo pro tempore Giuseppe Di Giorgio. "Stiamo notificando la richiesta in queste ore, al gip e alle persone offese.

Si tratta di un provvedimento articolato - tiene a precisare il coordinatore dei pm - con motivazioni approfondite in una settantina di pagine. Abbiamo esplorato tutto quello che c'era da esplorare, denunce ed esposti compresi, senza trascurare nulla". L'inchiesta modenese era stata avviata con le ipotesi di reato di omicidio colposo plurimo e morte come conseguenza di altro reato, lo spaccio. L'overdose è la causa di morte ipotizzata, perlomeno dai consulenti della procura.

"I filoni sui decessi di otto persone sono stati riuniti. Sono rimasti fuori gli approfondimenti sulla morte di Salvatore "Sasà" Piscitelli, di competenza di un'altra procura. Le indagini - ricorda sempre il procuratore Di Giorgio - erano partite contro ignoti e contro ignoti si sono concluse. Non sono emerse responsabilità di singoli, non rispetto alle morti. Restano aperti altri tronconi dell'inchiesta, quelli sui reati commessi dai detenuti durante le rivolte e su pestaggi e maltrattamenti denunciati da alcuni di loro".

Il fascicolo sul decesso di Piscitelli è rimbalzato da Ascoli a Modena, con un doppio giro di rimpalli, ed è tornato delle Marche dopo l'esposto e l'audizione di cinque compagni di viaggio e di cella. I detenuti testimoni hanno denunciato botte e manganellate, abusi e un colpevole ritardo nei soccorsi, così come altri avevano fatto prima di loro. Il dirigente dell'ufficio Garante nazionale dei detenuti, Mauro Palma, è fuori sede per una missione istituzionale e non ha ancora visto la richiesta di chiudere il caso. "So che è in arrivo. Mi è stato preannunciato dall'avvocato che ci rappresenta a Modena, dove ci siamo costituiti come persone offese. La leggerò con attenzione, valutando il da farsi".

L'idea è quella di tenere la stessa linea seguita a Bologna, per il detenuto morto alla Dozza: chiedere l'accesso agli atti depositati, per verificare se e quanto l'inchiesta modenese sia andata a fondo, e opporsi formalmente all'archiviazione. L'avvocato dei familiari di uno degli otto morti modenesi giocherà la stessa carta: evitare l'archiviazione e chiedere la proroga delle indagini almeno per la persona di cui si è occupato, alla luce della contro autopsia stilata dalla sua consulente di parte, una tossicologa forense.

La decisione della procura di Modena rischia di surriscaldare ancora di più gli animi di familiari e associazioni di base e movimenti, da quasi un anno senza risposte e senza certezze, proprio mentre si stanno preparando iniziative di piazza e sul web per commemorare i morti e tornare a chiedere verità e giustizia. Il 6 marzo 2021 gli anarchici hanno convocato un presidio pomeridiano davanti alla casa di reclusione di Modena, con lo slogan "Strage di Stato nelle carceri". La mattina del 7 marzo 2021 è in programma una analoga iniziativa, sempre fuori dai muraglioni dell'istituto, promossa dal Consiglio Popolare - Sciopero Italpizza di Modena. L'8 marzo gli anarchici si sono dati appuntamento alle 11 fuori dalla sede romana del ministero di Giustizia, in via Arenula. Il 9 marzo 2021 il Comitato per la verità e la giustizia sulle morti in carcere "rompe il silenzio" con un webinar, alle 17.30.