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di Alessandra Muglia


Corriere della Sera, 3 marzo 2021

 

Più che l'ideologia, alimentata dal fondamentalismo islamico, hanno pesato i nostri tweet se gli attacchi agli studenti si sono intensificati dopo il caso di Chibok. Ora che anche le studentesse di Zamfara sono state liberate (l'annuncio del governo è di stamattina, dopo le indiscrezioni di domenica), la domanda, purtroppo, è: chi saranno le prossime vittime? Perché nel Nord del Paese gli attacchi alle scuole con convitto si sono intensificati in questi mesi e l'"industria dei sequestri" è in crescita: uno ogni tre settimane, indica un rapporto sull'economia dei rapimenti in Nigeria. La settimana precedente all'attacco di Zamfara, si era verificato un altro sequestro a un collegio in una regione vicina, Niger: poi la (buona) notizia del rilascio di quei ragazzi era arrivata mentre si diffondeva quella (brutta) del sequestro a Zamfara.

Ogni rapimento di massa è di ispirazione per i colpi successivi, ma a fare da modello e come da apripista è stato sequestro delle 300 studentesse di Chibok, considera il rapporto. Con quel colpo, nel 2014 il mondo si è accorto dei jihadisti di Boko Haram e della loro avversione all'"educazione occidentale". Ma più che l'ideologia, alimentata dal fondamentalismo islamico, hanno pesato i nostri tweet se da allora gli attacchi alle scuole si sono intensificati. Questo è in sintesi quello che sostengono Joe Parkinson e Drew Hinshaw nel libro "Bring Back Our Girl", fresco di pubblicazione (in inglese): la pressione internazionale indusse il governo a pagare milioni di euro per il loro rilascio, un ministro lo avrebbe pure ammesso, scrivono.

Come molti governi, anche le autorità nigeriane spesso negano di aver pagato, salvo poi essere smentiti dai rapiti e dagli stessi banditi. Anche in questo caso: il governatore locale di Zamfara ha escluso passaggio di soldi: "Oggi abbiamo ricevuto le ragazze che erano ostaggio da venerdì - ha detto Bello Matawalle - Ho avviato un negoziato, che si è concluso positivamente. Non è stato pagato alcun riscatto, ho insistito perché non si desse nulla" ai rapitori, ha assicurato.

Almeno 18 milioni di dollari sono stati pagati ai rapitori fino allo scorso marzo, stima il rapporto. Molti nigeriani ovviamente preferirebbero che quei soldi fossero spesi per proteggerli piuttosto che per i riscatti. "Con questi sequestri di bambini su larga scala, il riscatto è alto a causa della pressione internazionale a salvarli" ha detto al New York Times Confidence McHarry, analista della sicurezza che ha lavorato al rapporto. Così come le vittime dei sequestri non sono più soltanto i ricchi e famosi, allo stesso modo non sempre gli aggressori sono identificabili come gruppo jihadista: a volte sono semplici banditi a caccia di soldi.