sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Gian Domenico Caiazza*


Il Riformista, 16 febbraio 2021

 

La lettera del leader dei penalisti alla neo ministra della Giustizia: "Rendere l'imputato prigioniero del suo processo è una barbarie. Noi pronti al confronto per individuare soluzioni condivise".

Illustre Ministra, Gentile Professoressa, La politica è fatta di scelte, nei contenuti, nelle forme e perforo nei simboli; appare dunque a noi ben chiaro che l'aver destinato al Governo della giustizia italiana, dopo tre anni di rivendicato ed incalzante presidio populista e giustizialista, la Presidente emerita della Corte Costituzionale, nonché la giurista cresciuta nel culto delle garanzie e dei diritti della persona, offra il segno inequivoco di una svolta.

L'Unione delle Camere Penali Italiane ha tenuto alto l'impegno e ferma la voce di quanti da sempre rivendicano, di fronte all'indispensabile e vitale esercizio della potestà punitiva dello Stato nei confronti di chi infrange la legge, la irrinunciabile supremazia dei principi costituzionali del giusto processo e della sua ragionevole durata, della presunzione di innocenza, della eccezionalità della privazione della libertà personale prima della sentenza definitiva, della finalità rieducativa della pena.

Il nostro quotidiano impegno contro il populismo giustizialista ha visto schierarsi al nostro fianco, come mai era accaduto prima d'ora, pressoché l'intera Accademia italiana, insieme ai cui prestigiosi esponenti - costituzionalisti, penalisti, processualisti di tutte le Università italiane abbiamo concepito e licenziato il Manifesto del diritto penale liberale e del giusto processo.

La identità culturale e politica che da sempre orgogliosamente rivendichiamo non ci ha certo impedito di renderci senza riserve aperti al dialogo ed al confronto costruttivo e leale, anche con il Ministro On. Alfonso Bonafede, pure interprete di un mondo valoriale nitidamente collocato agli antipodi del nostro. Al tavolo da lui convocato, insieme alla magistratura italiana, per costruire soluzioni volte a ridurre drasticamente i tempi del processo penale, abbiamo lavorato con impegno e spirito costruttivo. Gli approdi di quel tavolo, condivisi tra avvocatura, magistratura ed accademia ma poi traditi dalla legge delega per ragioni che non sta a noi indagare, restano una risorsa per chi voglia davvero - e noi siamo tra quelli - affrontare e risolvere con efficacia ed in modo condiviso la piaga della irragionevole durata dei processi in Italia, senza sacrificare o eludere i principi costituzionali del giusto processo.

E tuttavia, resta una ferita aperta nella nostra civiltà giuridica aver scelto, per mere finalità propagandistiche ed ideologiche, di abolire, con un improvvisato e malfermo tratto di penna, un istituto di antica civiltà giuridica quale la prescrizione dei reati, prima ed invece che risolvere le cause della durata irragionevole dei processi che la rendono indispensabile.

Rendere l'imputato prigioniero del suo processo per tutto il tempo che uno Stato inefficiente ritenga di spendere per pronunciare la sua definitiva sentenza, è e resta una inconcepibile barbarie. Anche in ordine a tale emergenza, che insieme alla larghissima maggioranza della comunità dei giuristi italiani consideriamo incompatibile con i principi dello Stato di Diritto, i penalisti italiani sono pronti al confronto, ed alla individuazione di soluzioni concrete, praticabili e condivise, che vorremmo poterle rappresentare quando Ella riterrà di riceverci.

Infine, conosciamo bene la Sua peculiare attenzione e la Sua articolata riflessione in tema di pena e di carcere, saldamente e lucidamente ispirate ai principi declinati dall'art. 27 della Costituzione. Confidiamo vivamente che, con Lei Ministro, possa tornare a vedere la luce il grande lavoro degli Stati Generali dell'Ordinamento penitenziario, irresponsabilmente sacrificati sull'altare di parole d'ordine ideologiche e calcoli elettorali di piccolo cabotaggio.

 

*Presidente Unione camere penali italiane