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di Carlo Gregori

 

Gazzetta di Modena, 16 gennaio 2021

 

La relazione della direttrice indica la dinamica della sollevazione in carcere. Caso Piscitelli ad Ascoli. Sono tre i detenuti all'origine della rivolta dell'8 marzo scorso scoppiata nel carcere di Sant'Anna con devastazioni, saccheggi e incendi, terminata con la conta di ben nove detenuti morti. A loro si sono accodati almeno altri 98 carcerati, un quinto delle presenze in quel momento nella prigione sovrappopolata. Dopo mesi di silenzi e reticenze, ora la dinamica della rivolta sta venendo alla luce grazie anche alla divulgazione di stralci (anticipati ieri da Repubblica) della relazione della direttrice Maria Martone.

Relazione inviata il 20 maggio al provveditorato regionale e poi confluita nella relazione generale del Dipartimento di amministrazione penitenziaria sulla tragica giornata di rivolte carcerarie in tutta Italia terminata con un totale di tredici morti. A questo proposito ieri il procuratore di Modena Giuseppe Di Giorgio ha spiegato che il caso di Sasà Piscitelli, il detenuto 40enne attore di teatro morto in circostanze da chiarire poche ore dopo il trasferimento da Modena ad Ascoli, è stato inviato proprio alla procura ascolana. In base alla denuncia di cinque detenuti su percosse e brutalità nei confronti di Sasà Piscitelli, le indagini ora sono di competenza territoriale della procura marchigiana perché lì il detenuto è morto.

I tre carcerati che avrebbero avviato la rivolta ora hanno un nome: Vincenzo Esposito Maiello, 54enne di Casalnuovo di Napoli, molto alto e smilzo, a Sant'Anna per due rapine compiute nel 2015 con un complice in una tabaccheria di via Vignolese a Modena e in una farmacia di Spilamberto; Yassine Moutate, 22 anni, tunisino; e Axel Masakevic, 22 anni, nomade rom apolide di famiglia bosniaca, nato a Modena, in carcere dopo la revoca della sospensione della pena in seguito a una serie di furti, scarcerato in estate e oggi uccel di bosco. Nel primo pomeriggio dell'8 marzo, quando dopo il pranzo domenicale si è diffusa con certezza la notizia, fino ad allora una voce, che un detenuto in isolamento era malato di coronavirus, la tensione già fortissima tra i detenuti è esplosa. Il detonatore della furia è stato il momento in cui i tre si sono arrampicati sui muraglioni e sono usciti dal nuovo padiglione di Sant'Anna tentando un'evasione sotto gli occhi di tutti. Un centinaio di detenuti non si è più controllato ed è esplosa la violenza. Determinante, a quanto pare, è stato l'assalto e il saccheggio di un deposito attrezzi dove sono stati presi strumenti diventati armi: scalpelli, cacciaviti, martelli, picconi e anche una fresa.

L'allarme dato dal comandante ha avviato la controffensiva. In armeria sono stati presi i fucili mentre veniva avvisata anche la questura. Ma il peggio era già iniziato con l'incendio di materassi, la distruzione dell'Ufficio Matricole e la devastazione di tutto ciò che si incontrava lungo il percorso per la via di fuga. I tre si sono arresi poco dopo davanti al cancello che dava sulla strada.

Nel frattempo, quando il caos era ormai padrone della situazione, un quarto detenuto identificato, il tunisino Lofti Ben Mesma, ha fatto irruzione nell'infermeria carceraria terrorizzando il personale e prendendo d'assalto la cassaforte con le droghe e gli psicofarmaci. Dietro di lui si era formata una schiera di rivoltosi tossicomani che ha assalito con ogni possibile attrezzo la cassaforte fino a quando non è stata aperta con una fresa. Il saccheggio a base di metadone e benzodiazepine, droghe che, secondo i medici legali, hanno portato alla morte dei nove detenuti di Modena: cinque trovati cianotici e privi di vita nelle celle e quattro durante i trasferimenti in altri penitenziari (tra questi Piscitelli).

E a proposito dei corpi in cella è emerso che molti sono morti prima che l'incendio si propagasse vicino a loro: il denso fumo non li ha soffocati. Ieri il procuratore Di Giorgio ha ribadito ancora una volta che dagli esami autoptici compiuti non solo dalla Medicina Legale di Modena ma anche delle altre città dove i detenuti sono arrivati morti o moribondi (Verona, Alessandria, Parma e Ascoli) nessuno di loro presentava ecchimosi e lesioni da percosse o da violenze esterne. Un capitolo da approfondire sarà sicuramente quello di Piscitelli, dato che cinque detenuti, come detto, hanno denunciato di aver visto che veniva picchiato durante il trasporto e al suo arrivo in cella ad Ascoli, dove sarebbe morto, e non in ospedale come scritto sull'autopsia.