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di Valentina Marotta

 

Corriere Fiorentino, 10 gennaio 2021

 

Sollicciano, nelle carte dell'inchiesta le testimonianze dei detenuti pestati dagli agenti. "Volevo godere dell'ora d'aria fino in fondo. Ma l'agente rispose che non gliene fregava nulla: era lui a decidere e dovevo adeguarmi. Poi mi portarono nell'ufficio dell'ispettrice Elena Viligiardi e a un suo cenno iniziarono a pestarmi mentre lei rideva". È il racconto del detenuto italiano picchiato a Sollicciano il 12 maggio 2018. La testimonianza è nelle carte della procura che ha avviato le indagini concluse con dieci indagati e nove misure cautelari.

"Volevo godere dell'ora d'aria fino in fondo. Che male c'era se rimanevo fuori, anziché rientrare in cella prima del dovuto? Ma l'agente rispose che non gliene fregava nulla: era lui a decidere e dovevo adeguarmi". Inizia così il racconto del detenuto italiano, che, il 12 maggio 2018, per quella protesta fu punito, ritiene la Procura, con pugni, calci e spintoni. Un pestaggio talmente violento, secondo l'accusa, da provocargli la perforazione di un timpano. La denuncia è agli atti dell'inchiesta sulle torture che sarebbero avvenute a Sollicciano, tra il 2018 e il 2020. Due episodi di pestaggi, dieci indagati, nove misure cautelari: ai domiciliari sono finiti l'ispettrice Elena Viligiardi, responsabile della sezione penale del carcere, ritenuta l'istigatrice delle violenze che avvenivano sotto i suoi occhi, nel suo ufficio, l'assistente capo Luciano Sarno e l'agente Patrizio Ponzo.

Quel giorno, i detenuti erano ancora fuori. "Avremmo potuto restare fino alle 15 tra il campo sportivo e l'area passeggio, come da regolamento. Un assistente ordinò di ritornare in cella, altrimenti ci sarebbero stati problemi". Ma il detenuto s'impuntò: "Gli dissi che non mi sarei mosso di lì se non mi avesse fatto parlare con il suo superiore.

Prima rifiutò poi fece una telefonata e fui convocato nell'ufficio del capoposto, dove era presente l'ispettrice Viligiardi. Salutai e le spiegai la mia richiesta". La situazione precipitò, secondo quanto ricostruito dagli investigatori. "L'assistente "con la barba" iniziò ad inveire contro di me e io protestai.

Poi notai Viligiardi che fece un segno con la testa alle persone che erano dietro di me. Fui subito bloccato. Il capoposto grosso, pelato e alto mi prese con un braccio dietro il collo, impedendomi di muovermi e stringendo forte al punto di non riuscire a respirare né a parlare. Altri uomini, forse 3 o 4, mi presero i polsi e mi tennero per le gambe. Seduta alla scrivania, c'era lei, Viligiardi che guardava e rideva. Mi presero a pugni e a schiaffi, qualcuno salì con il ginocchio sulla schiena mentre ero a terra a pancia in giù. Il capoposto alla fine mi tirò in piedi afferrandomi dalla cintura".

Un'aggressione consumata, pare, in una manciata di minuti. Poi il detenuto fu trasportato in cella di isolamento e infine in infermeria.

"Mi ero lavato il sangue dal viso e al medico raccontai l'aggressione subita dalla polizia penitenziaria, ma lui ascoltò e, senza visitarmi, mi diede un antidolorifico". Durante la notte si sentì male e il giorno successivo fu trasportato in ospedale. "Perforazione del timpano sinistro", fu la diagnosi dei medici. Il detenuto denunciò l'aggressione: "Vennero un uomo e una donna della penitenziaria e parlai sinteticamente di ciò che era avvenuto".

Ad aprile scorso, un detenuto marocchino denuncia un'aggressione da parte degli agenti della penitenziaria. Chiedeva di telefonare ai suoi parenti in Francia, e per la sua insistenza, secondo l'accusa, fu "punito" con calci e pugni. Gli investigatori e il pm Christine von Borries ripescano quella vecchia denuncia e trovano tante similitudini tra i due episodi. L'uno chiedeva di esser messo in contatto con i parenti d'Oltralpe. L'altro voleva godere dell'ora d'aria. Protestarono perché venissero accolte quelle legittime richieste. Furono rimessi in riga, con pugni e calci, per l'accusa, in barba a qualsiasi legge.

"I poliziotti - spiega il gip Federico Zampaoli, che ha disposto le misure cautelari - furono istigati dall'ispettrice a commettere atti di violenza nei confronti di due detenuti inermi, senza alcun motivo e solo per ribadire un'autorità assoluta che non poteva in alcun modo essere messa in discussione". Molti i commenti del mondo politico.

"È molto inquietante la notizia dell'inchiesta sulle torture - dice la senatrice del Pd Caterina Biti - Questi fatti impongono alla politica di mettere tra le priorità il tema delle carceri". "Ringrazio gli uffici giudiziari e gli investigatori per il lavoro svolto - afferma Sara Funaro assessore al Welfare - ha fatto emergere una realtà grave e preoccupante a Sollicciano. ma questi fatti non devono delegittimare tutto il personale di Polizia penitenziaria". Incalza Antonio Mazzeo, presidente del Consiglio regionale Toscana: "Nei prossimi giorni andrò a Sollicciano".