sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Liana Milella

 

La Repubblica, 1 dicembre 2020

 

Nessuna speranza che passi la "liberazione anticipata speciale" chiesta da Roberto Saviano e per cui Rita Bernardini è in sciopero della fame da 20 giorni. Sotto l'albero di Natale non ci saranno le piccole misure per alleggerire le carceri in tempi di Covid. Parlare di "clemenza" sarebbe fare dell'ironia. E tantomeno si può usare un'espressione, da sempre in voga, come norme "svuota carceri". Il "pacchettino" Bonafede non è né l'uno, né l'altro.

E comunque per Capodanno non ci sarà. Vittima, anche lui, del susseguirsi dei decreti Ristori, uno ad emendamento dell'altro. E resterà nel libro dei sogni la "liberazione anticipata speciale", che non è né un indulto, né tantomeno un'amnistia, ma solo uno sconto di 30 giorni in più, rispetto ai 45 attuali ogni sei mesi, per quei detenuti che non solo si comportano bene, ma seguono un percorso di riabilitazione per reinserirsi al meglio nella società.

Si batte per ottenerla la Radicale Rita Bernardini, giunta al ventesimo giorno di sciopero della fame assieme ad altri 611 cittadini liberi e 699 detenuti, e che lo scrittore Roberto Saviano ha rilanciato sabato dalle pagine di Repubblica. Ma - come dice sempre a Repubblica, il capogruppo del Pd in commissione Giustizia Franco Mirabelli, "su questa misura che abbiamo proposto anche noi c'è una netta chiusura del M5S".

Così, mentre l'Italia s'avvia a diventare gialla, le carceri invece resteranno grigie. Cioè quello che sono sempre state. Luogo di repressione e di pena, come piace dire alla destra. Luogo di recupero e di ravvedimento, come sognano tutti coloro che da anni portano avanti una battaglia per una detenzione umana, giusta, che recupera il detenuto anziché farlo diventare peggiore di quello che era quando è entrato in cella. Le carceri che vorrebbe Rita Bernardini, che ogni giorno riceve notizie di penitenziari che si aggiungono alla sua battaglia, l'ultimo è quello di Tolmezzo, dove tutti i detenuti sono orientati a fare uno sciopero della fame a staffetta. Si muovono anche i docenti di diritto penale che, con Giovanni Fiandaca, hanno promosso un appello per diffondere i messaggi di Bernardini.

Il punto sui numeri ad oggi - Ma partiamo dai numeri. Quelli forniti oggi dal Garante nazionale dei detenuti Mauro Palma, che settimanalmente aggiorna il bollettino del Covid. I detenuti presenti nelle 192 prigioni italiane sono 53.830. I detenuti che risultano contagiati sono 897. E coinvolgono 83 penitenziari, rispetto al totale dei 192. Il Garante fornisce anche la distinzione rispetto al virus: 806 detenuti risultano asintomatici e si trovano all'interno degli istituti di pena; 20 sono ugualmente asintomatici, ma non sono mai entrati in carcere perché trovati positivi già all'ingresso; altri 2, sempre in entrata, sono risultati sintomatici. Infine 31 detenuti sono già stati ospedalizzati. Più alto il numero dei contagiati tra chi lavora in carcere, ben 1.012 tra agenti di polizia penitenziaria e operatori.

Le misure per il carcere in Parlamento - Sono contenute nei decreti Ristori gli interventi del Guardasigilli Alfonso Bonafede per alleggerire il peso del Covid in cella. Riassumibili in due filoni. Del tutto fuori dal carcere chi già oggi gode, ma solo contemporaneamente, di un permesso premio e anche di un permesso per lavoro, quindi già passa all'esterno metà della giornata. Mirabelli ha già proposto un emendamento che trasformi una "e" in una "o", cioè fuori dal carcere chi ha il permesso di lavoro ma anche chi ha il permesso premio, senza che le due misure agiscano contemporaneamente. Solo in questo caso la misura potrebbe riguardare 1.300 persone, perché sono 700 i detenuti con un permesso di lavoro e 600 quelli con un permesso premio.

La seconda misura chiesta da Bonafede riguarda la possibilità di scontare la pena a casa per chi ha ancora 18 mesi di residuo, ma con l'obbligo del braccialetto elettronico per tutti quelli che superano i sei mesi. Una misura che potrebbe riguardare 3.400 detenuti. E per la quale sempre Mirabelli ha proposto di portare da sei mesi a un anno i domiciliari senza braccialetto. Mentre Rita Bernardini, sostenuta da Saviano, chiede che i 18 mesi salgano a 24. Anche sui tempi il Pd emenda Bonafede. Perché il ministro della Giustizia mette come scadenza delle misure anti Covid il 31 dicembre, mentre i Dem propongono il 31 gennaio, o comunque il termine dell'effettiva emergenza.

Ovviamente i numeri dei domiciliari, come spiegano sia Palma che Mirabelli, vanno contestualizzati, perché ottenere i domiciliari significa avere un domicilio. Quindi sono esclusi tutti coloro che non ne hanno uno. E qui si apre una trattativa con i Comuni per trovare un'alternativa. E c'è l'emendamento sempre del Pd alla Camera - di cui ha parlato con Repubblica il responsabile Giustizia del Pd Walter Verini - sul Recovery Fund per inserire una posta anche per far fronte a questa esigenza. Il che non vuol dire comprare case, ma per esempio mettere i Comuni nella condizione di utilizzare degli alloggi esistenti.

La chimera della "liberazione anticipata" - Che vuol dire "liberazione anticipata speciale"? Significa portare dagli attuali 30 a 45 giorni ogni sei mesi lo sconto per i detenuti che, seguendo effettivi percorsi di recupero, dimostrano la loro volontà di reinserirsi nella società. Buoni detenuti, per intenderci. Se oggi, uno sconto di 45 giorni ogni sei mesi, frutta in un anno tre mesi di pena in meno, con uno sconto di 75 giorni il bonus passerebbe a 5 mesi di sconto ogni anno.

Secondo calcoli approssimativi questo porterebbe a far uscire dalle prigioni circa 2mila persone. Quindi, solo se si realizzassero tutte queste misure, nella versione più ampia possibile, si potrebbe arrivare a circa 5mila detenuti in meno. Ma si tratta di numeri del tutto approssimativi. Che comunque farebbero scendere la popolazione carceraria sotto le 50mila unità attuali. In ogni caso, sulla liberazione anticipala c'è il no di M5S. E quindi non passerà.

Le richieste di Rita Bernardini e di Saviano - A smuovere il problema delle carceri, da 20 giorni, c'è la Radicale Rita Bernardini e con lei l'associazione Nessuno tocchi Caino. Bernardini è giunta al ventesimo giorno di sciopero della fame, mentre chi sostiene il suo progetto, come Saviano su Repubblica, Luigi Manconi sulla Stampa e Sandro Veronesi sul Corriere, lo fanno in segno di solidarietà solo per 48 ore. Bernardini dice oggi di "stare relativamente bene" e ironizza su un mal di schiena che non le passa. Nel pallottoliere delle adesioni segna che ci sono a oggi "611 cittadini liberi e 699 detenuti" in sciopero della fame. È notizia di oggi anche che tutto il carcere di Tolmezzo - uno degli istituti di massima sicurezza con numerosi reclusi al 41bis - starebbe per aderire allo sciopero, tenendo conto che tutte le misure escludono dai benefici chi ha commesso reati gravi e gravissimi, dalla violenza sessuale, al terrorismo, alla mafia. E c'è l'appello dei docenti di diritto lanciato da Fiandaca.

Bernardini, che si è sempre battuta sin dai tempi di Marco Pannella per amnistia e indulto, li considera "provvedimenti da varare immediatamente non solo per l'emergenza carceri, ma anche per quella dei tribunali ancora più paralizzati del passato a causa della pandemia". Ma sa bene che questa strada è politicamente del tutto non percorribile perché l'attuale Parlamento non raggiungerebbe mai i due terzi dei voti necessari, senza contare i tempi molto lunghi di approvazione.

Le misure che chiede Bernardini sono "la liberazione anticipata, il blocco dell'esecutività delle sentenze passate in giudicato, a meno che la Procura valuti che il condannato possa mettere in pericolo la vita o l'incolumità delle persone, proposta dal procuratore generale della Cassazione Giovanni Salvi, e portare a 24 mesi la platea dei beneficiari della detenzione domiciliare speciale". Ma, come abbiamo visto, gli ostacoli politici su questo percorso sembrano al momento del tutto insormontabili.