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di Michele Passione*


Ristretti Orizzonti, 1 dicembre 2020

 

Come spesso capita a chi coltiva cattivi pensieri, anche Marco Travaglio è intrappolato nella sua ossessione di sempre, lo scherno tignoso che contiene "la verità", e per distinguere il falso dal vero non si esime dall'irrisione di chi la pensa diversamente da lui.

È accaduto, da ultimo, lo scorso 29 novembre, col suo "Tana libera tutti".

Secondo una tecnica ormai invalsa (di cui hanno dato ampio esempio Luigi Manconi e Federica Graziani nel libro "Per il tuo bene ti mozzerò la testa", in particolare nel capitolo 2, "Onomastica dello scherno"), il ricorso ad un linguaggio greve e deformante non rileva per il gusto dell'iperbole, ma per sminuire il ragionamento altrui semplificandolo, banalizzandolo, per proporre una lettura semplicistica, un sillogismo preconcetto, qualcosa che induca all'atto di fede.

Per molte persone è così: ragionare stanca, più semplice farsi trascinare dalla suggestione.

Per questo, le parole scritte da Luigi Manconi, Roberto Saviano e Sandro Veronesi diventano "tre articolesse" (con l'evidente utilizzo di un improprio, dispregiativo e sessista femminile). Una penna che è una pena.

Non è possibile qui inseguire il senso illogico delle considerazioni del bravo moralista, peraltro a tratti semanticamente oscure ("che, trattandosi di gente perlopiù povera, è di solito un ambiente altrettanto esiguo, promiscuo, sovraffollato, ma per giunta incontrollato"....l'ha scritto lui, chissà che vuol dire); più utile disvelare che accanto alla deformazione della lingua (chissà perché il ricorso ad uno storpiato femminile) si pone una profonda ignoranza della realtà, quella vera, non dei numeri su un foglio.

La galera (quella vera, appunto), di questi tempi è fredda da morire; vetri rotti, umido che entra nelle ossa, corpi su corpi. Fuori a un metro di distanza, in galera 8 in una stanza. Ovviamente, con unico cesso, alla turca, dove organizzi la tua vita (caghi, lavi, se ci riesci ti regali innocenti evasioni). Una manna per il virus. Comunque uno schifo.

Il coraggio che Saviano evocava per parlare di questo non è quello dei "tre tenori" (secondo la definizione del nostro), ma quello mancato alla Politica (al PD in primo luogo, nel caso di specie) per portare a termine la riforma dell'ordinamento penitenziario promossa da Andrea Orlando.

Che il carcere sia luogo con copertura di screening pressoché totale è un'invenzione.

Che i penitenziari, in quanto chiusi, siano il posto più sicuro, è un'amenità che non merita altri commenti, utile solo a quelli che il Prof. Glauco Giostra ha chiamato "forapaglie..., preoccupati e capaci soltanto di catturare elettori considerati insetti".

E certo, la ricetta è semplice, che l'overcrowding penitenziario non si spiega con la bulimia repressiva, ma con "la carenza di posti cella in rapporto al numero dei delinquenti".

E giù ad andare, per finire (in difesa del Ministro, more solito) con la giravolta dei soli tre boss "messi fuori", quando invece solo qualche mese fa il giornale diretto da Travaglio (in buona compagnia di Repubblica) sventolava la lista.

Quanto basta.

Naturalmente nessuno cambierà idea, non certo il Fatto; io vado in galera ogni settimana, e qualcosa ne so. Se ne avrà tempo, sarebbe utile andarci insieme una volta, Direttore.

 

*Avvocato