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di Liana Miella

 

La Repubblica, 29 novembre 2020

 

Il Garante dei detenuti: "Giusta la preoccupazione di chi vede prigioni troppo affollate, ma attenzione a non illudere chi sta dentro con promesse di sconti impossibili". "Nelle carceri l'emergenza c'è, ma attenzione a non illudere i detenuti su sconti impossibili". Il Garante dei detenuti, Mauro Palma, è un costante "viaggiatore nelle prigioni". Incurante del Covid, tra un tampone e l'altro, percorre la penisola detenuta. E a Repubblica dice: "Da sempre le misure a favore di chi sconta una pena sono sempre impopolari, chi le decide però non può essere troppo sensibile alle polemiche".

 

Carcere e Covid, una miscela davvero esplosiva?

"Tutte le situazioni chiuse sono di per sé più vulnerabili di altre. E il carcere è tra queste. Dal punto di vista strettamente medico, se è vero che ci sono 880 detenuti positivi ma solo nella metà dei 192 istituti di pena, è altresì vero che soltanto 65 di loro presentano sintomi. E tra questi 27 sono ricoverati in ospedale. Quindi la situazione è sotto controllo".

 

Lei sta dicendo allora che l'emergenza non c'è?

"L'emergenza c'è, ma solo dal punto di vista degli spazi e della gestione: tutte quelle persone sono isolate, così come vanno isolate in via precauzionale quelle che entrano in carcere. Questo richiede numeri più bassi di persone detenute, affinché l'isolamento sia possibile e non ci si trovi di fronte a una situazione che sfugge di mano. Anche perché ci sono i contagi, circa un migliaio, tra chi lavora in carcere, in particolare tra gli agenti, e questo fa calare il numero di persone che può occuparsi dei detenuti. Per questo io considero la situazione preoccupante".

 

Le misure di Bonafede, in primavera e adesso, sono insufficienti come dice Saviano?

"Sì, lo sono, e richiedono al più presto dei passi in più convincendo anche l'opinione pubblica che un peggioramento sanitario in carcere avrebbe conseguenze anche sulla società esterna, a partire dai posti in ospedale, per non parlare del principio che la salute di ogni persona va sempre scrupolosamente tutelata".

 

Scusi, ma le polemiche di maggio sulle scarcerazioni dei boss dove le mettiamo? Per capirci, questo Bonafede è uno che scarcera troppo o che scarcera poco?

"Trovavo le polemiche artificiose allora rispetto a un comportamento del ministro che ho sempre trovato corretto. Forse troppo sensibile alle polemiche stesse".

 

Esclude misure drastiche come amnistia e indulto? In fondo non se ne fanno dal 1990 nel primo caso e dal 2006 nel secondo.

"È un tema su cui bisognerà riflettere, ma non adesso. Ora bisogna lavorare su ciò che è politicamente praticabile. E sappiamo fin troppo bene che amnistia e indulto non lo sono. Bisogna stare molto attenti a non diffondere speranze tra i detenuti su ipotesi del tutto irrealizzabili. Mi capita di sentirmi chiedere, quando visito un istituto di pena, se davvero si sta lavorando in questa direzione, e ciò può provocare anche effetti dirompenti".

 

Pensa alle rivolte di febbraio?

"All'ansia interna si deve rispondere con progetti effettivamente realizzabili".

 

Lo è l'ipotesi della cosiddetta "liberazione anticipata speciale"? E soprattutto, se si facesse, quanto detenuti uscirebbero?

"Chiariamo innanzitutto di che stiamo parlando: coloro che già hanno ottenuto dal magistrato di sorveglianza una riduzione di 45 giorni ogni sei mesi di carcere scontato in modo positivo, così come avviene già oggi, potranno avere 30 giorni in più, quindi accorciando la pena. Sembra di poco, ma aiuta a ridurre le presenze in carcere".

 

Lei come Garante l'ha proposta per primo. Dai suoi sondaggi le sembra che il governo ci potrebbe stare?

"La liberazione anticipata ha un brutto nome e andrebbe spiegata meglio all'opinione pubblica. Qui non stiamo parlando di tagliare la pena a qualunque detenuto. Bensì di fare uno sconto a chi sta scontando bene la pena. Sembra un gioco di parole ma non è così".

 

Ma le altre misure - detenzione domiciliare fino a 24 mesi e blocco del carcere per le sentenze definitive - sono politicamente praticabili?

"La prima amplia di sei mesi una misura che il governo ha già previsto da marzo. L'altra riguarda solo le sentenze a pochi mesi o a pochi anni di pena per persone che sono in libertà e che proprio adesso dovrebbero andare in carcere perché è diventata definitiva una sentenza che attiene a fatti magari di molti anni fa. Tutto ciò - sia chiaro - non riguarda né i gravi reati, né la criminalità organizzata".

 

I boss, anche al 41bis, non potranno uscire dal carcere?

"Ribadisco che la salute di tutti va tutelata, anche se nessuno ha mai prospettato misure di favore per chi ha commesso gravissimi reati, né a marzo né ora".