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di Claudia Osmetti


Libero, 20 ottobre 2020

 

Accusato di un omicidio mai commesso per un'intercettazione mal interpretata. Sarà risarcito con 188mila euro. Si è fatto ottocento giorni di carcere per un'intercettazione ambientale interpretata male. Ottocento, ed era innocente! Lui, Girolamo, un imprenditore napoletano, con l'omicidio di Luigi Borzacchiello non c'entrava nulla. Non ha mai nemmeno pensato d'ammazzarlo.

Eppure è finito negli incagli di un processo per delitto premeditato e pure aggravato dal fine camorristico, con l'unica colpa (diciamo così) di avere legami di parentela con alcuni soggetti che la magistratura campana ritiene coinvolti nella vicenda. Diciamocelo subito: oggi (quattordici anni dopo l'omicidio e otto dopo l'errore giudiziario) il protagonista di quest'assurda storia di malagiustizia si è visto riconoscere un risarcimento di 188.656 euro. E diciamoci subito anche questo: la cifra può sembrare alta, ma non basta. Ché non c'è cifra che possa davvero risarcire le profonde ferite che restano dopo oltre due anni di celle e sbarre e privazione.

Andiamo per gradi. Borzacchiello viene ucciso il 9 dicembre del 2006 ad Afragola, cittadina dell'area metropolitana di Napoli: è un costruttore edile di 47 anni, ha precedenti penali ed è legato al clan dei Mariniello. Che si tratti di criminalità organizzata è pacifico fin dal principio, infatti le indagini incastrano il clan rivale dei De Falco-Fiore. Sfortuna vuole, però, che Girolamo ci si trovi nel mezzo. Questione di sangue (è il fratello di uno dei boss) e ci sarebbero due elementi che, secondo i pm, lo metterebbero al muro: la prima è l'accusa di Pasquale Di Fiore, un "collaboratore di giustizia"; la seconda è per l'appunto un'intercettazione ambientale. Sulla base di ciò, in primo grado, Girolamo busca trent'anni di reclusione.

Però c'è di più, perché quando l'avvocata partenopea Marianna Febbraio riesce a portare il faldone in Appello, si sgretola tutto come un fortino di sabbia. Dichiarazioni contraddittorie, valutazioni e perizie che ribaltano quanto messo agli atti. Perché sì, un'intercettazione c'era. Ma non provava per nulla la presenza di Girolamo alla "riunione" che avrebbe deciso la morte di Borzacchiello. Le voci, in quella registrazione, si sovrappongono, sono confuse, cozzano.

E sicuramente non rendono possibile attribuire a Girolamo anche solo una delle frasi di morte che si sentono. Insomma: lo sbaglio è evidente. E viene alla luce solo per la caparbietà del legale, altrimenti campacavallo. A questo punto, per Girolamo, si apre un altro filone, quello del risarcimento. Perché non è mica detto gli spetti: c'è un cavillo, nella norma del 1989, che impedisce di rimborsare chi, all'ingiusta detenzione, abbia "dato causa per dolo o colpa grave". Magari (anche qui, da strabuzzare gli occhi) frequentando cattive compagnie: che è un po' come dire che lo sbaglio l'ha fatto il tribunale, ma è stato tratto in inganno dal colui che ne ha pagato le conseguenze.

Ma le "compagnie sbagliate" Girolamo pare le avesse in famiglia: per lui era difficile eluderle. Il difensore Febbraio lo dice subito. Sulla sua posizione si esprime l'ottava sezione penale: "L'eventuale colposo comportamento è escluso proprio dall'esistenza dei rapporti di parentela tra gli imputati". Fine della storia e risarcimento concesso. Girolamo deve pure sentirsi fortunato: lo Stato italiano, nel 2019, ha risarcito solo un migliaio di persone detenute ingiustamente e, mediamente, ha concesso loro appena 43mila euro: le richieste accolte sono state 465, gli altri aspettano.