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di Anna Larussa


altalex.com, 20 ottobre 2020

 

Occorre valutare le misure per garantire la distanza di sicurezza e la possibilità di trasferimento di detenuti a rischio in altri istituti o strutture più adeguate (Cass. 27917/2020). L'incompatibilità tra le condizioni di salute e lo stato di detenzione di soggetti a rischio, in caso di contrazione del virus Covid-19, deve essere valutata con riguardo alla situazione in concreto esistente nella casa circondariale, all'adozione, da parte di questa, di misure di precauzione per garantire la distanza di sicurezza, nonché alla possibilità che i reclusi in condizioni di salute precarie, che ivi si trovino, possano godere del trasferimento presso altri istituti o strutture sanitarie più adeguate del circuito penitenziario.

È quanto stabilito dalla Sesta Sezione Penale della Corte di cassazione con la sentenza depositata in data 7 ottobre 2020, n. 27917 nel dichiarare inammissibile il ricorso avverso l'ordinanza con cui il Tribunale, in sede di appello cautelare, aveva confermato il rigetto della richiesta di sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari a un detenuto affetto da pancreatite.

Il fatto - Il ricorrente, detenuto in regime custodiale per il reato di ricettazione nonché per reati in materia di stupefacenti e di armi, aveva proposto appello cautelare avverso il rigetto dell'istanza difensiva di sostituzione della misura custodiale con quella degli arresti domiciliari, avanzata in ragione dell'incompatibilità dello stato di salute precario con la detenzione in carcere: ed invero, lo stesso risultava affetto da una grave forma di pancreatite e, per ciò stesso, esposto ad un maggiore rischio di conseguenze infauste nel caso di contrazione del virus Covid-19.

A seguito del rigetto anche dell'appello, la difesa del ricorrente aveva interposto ricorso per cassazione denunciando violazione di legge e vizio di motivazione per non avere il Tribunale tenuto conto della storia clinica del detenuto, degli esami strumentali cui era stato sottoposto in carcere, delle specifiche indicazioni sanitarie evidenziate dalla difesa e, in particolare, del fatto che la direzione sanitaria dell'istituto avesse concluso nel senso che la pancreatite fosse un concreto fattore di aumento del rischio quoad vitam in caso di infezione da Covid-19; infine, per avere omesso di considerare che i coimputati, in una posizione processuale sostanzialmente parificabile, avevano beneficiato degli arresti domiciliari.

La sentenza - La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per aspecificità del motivo dedotto. Ha, in particolare, rilevato che il Tribunale dell'appello cautelare aveva spiegato che le condizioni di salute non potessero considerarsi particolarmente gravi tenuto conto delle relazioni con cui la direzione della casa circondariale aveva escluso la presenza di particolari criticità sanitarie, e aveva affermato inoltre - lo stesso Tribunale - come, sulla base di tutta la documentazione a disposizione, fosse risultato evidente che non era necessario trasferire il detenuto presso altro istituto, in quanto l'incompatibilità delle sue condizioni di salute con il regime carcerario, in ragione di un rischio di contrarre una infezione da Covid-19, era in quel momento solo ipotetica.

La Corte ha pertanto condiviso le conclusioni del Tribunale secondo cui, ancorché il tipo di patologia del detenuto rappresentasse un fattore di aumentato del rischio quoad vitam nel caso di infezione da Covid-19, al momento non vi fossero ragioni per reputare la concreta esistenza di quel rischio, non avendo la difesa dedotto l'esistenza di quel tipo di infezioni nella casa circondariale in questione, nè essendo desumibili dati di segno contrario dalle relazioni trasmesse dalla direzione sanitaria di quell'istituto.

Ha quindi concluso che "se è vero che la detenzione in carcere costituisce obiettivamente un contesto nel quale è più facile la diffusione del virus, in quanto i detenuti vivono in ambienti nei quali è tendenzialmente più difficile il mantenimento delle distanze di sicurezza ed in cui sono ben possibili fenomeni di assembramento o di sovraffollamento" tuttavia occorre valuatare l'incompatibilità tra le condizioni di salute e lo stato di detenzione di soggetti a rischio in caso di contrazione del virus Covid-19 con riguardo alla situazione effettivamente esistente nella casa circondariale, all'adozione, da parte di questa, di misure preventive e precauzionali nonché alla possibilità che i reclusi in condizioni di salute precarie, che ivi si trovino, possano godere del trasferimento presso altri istituti o strutture sanitarie più adeguate del circuito penitenziario.

Rispetto alla mancanza di equità nella valutazione della posizione processuale del ricorrente i giudici di legittimità hanno ribadito l' orientamento interpretativo secondo cui può risultare giustificata l'adozione di regimi difformi, pur a fronte della contestazione di un medesimo fatto di reato, in quanto la valutazione da esprimere in tema di esigenze cautelari di ciascun coindagato o coimputato si fonda, oltre che sulla diversa entità del contributo individuale alla realizzazione dell'illecito, anche su profili strettamente attinenti alla personalità del singolo.