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di Angelo Panebianco


Corriere della Sera, 20 ottobre 2020

 

In una comunità polarizzata possono emergere forze che pensano di guadagnare spazi sfruttando il caos. Nelle società polarizzate, come l'Italia (tradizionalmente) e gli Stati Uniti (da alcuni decenni), ove per molti il senso di appartenenza a una qualche "tribù" sub-nazionale è più forte del senso di appartenenza alla comunità nazionale, appare con più evidenza ciò che è sempre vero: una delle cause della pericolosità della politica è che essa è per tanta gente un mezzo per trasformare frustrazioni private in violenza pubblica e, spesso, purtroppo, non solo verbale. Solo in riferimento alla politica ti capita di imbatterti in persone, apparentemente miti e sane di mente, che dicono di "odiare" il tale leader politico. Sanno che usare la parola "odio" significa incitare alla violenza. Ma quando si tratta di politica a molti sembra lecito ciò che non riterrebbero tale se riferito ad altri ambiti della vita sociale.

Anche quando si è al di qua della linea che separa la violenza verbale dalla violenza fisica, il "lato oscuro" della politica è sempre presente. Ad esempio, i disgraziati che hanno insultato la memoria di Jole Santelli, la defunta presidente della regione Calabria, non ci ricordano solo, genericamente, di cosa siano capaci gli esseri umani. Ci ricordano anche un'altra cosa: che se la politica è il luogo in cui certe persone si sentono legittimate a trasformare le proprie frustrazioni private in aggressività, ci sono sempre anche altre persone, dotate di razionalità e capaci di freddo calcolo, pronte a sfruttare e a manovrare i suddetti frustrati. Le conseguenze possono essere assai gravi. Vale per il professore decapitato in Francia e per tanti altri tragici episodi: i killer, per lo più, sono frustrati caricati a molla. I burattinai, invece, sono freddi calcolatori.

Prendiamo il caso americano. È indubbio che esiste anche la stupidità ma appare chiaro che coloro che hanno deciso, in molte città statunitensi, di trasformare in rivolta urbana le più che legittime proteste per l'uccisione da parte della polizia di George Floyd e di altri, hanno freddamente scelto di "votare" per Donald Trump. Secondo la logica del "tanto peggio tanto meglio" che è sempre stata propria, in ogni tempo, dei rivoluzionari. Per lo meno, c'è da chiedersi se le degenerazioni violente del movimento Black Lives Matter faranno o no più danni allo sfidante Joe Biden di quanti gli estremisti di destra scesi in piazza contro quel movimento ne faranno al presidente in carica Donald Trump. Quale dei due gruppi spaventa di più l'elettorato?

Al momento, i sondaggi danno vincente Biden (ma davano vincente anche Hillary Clinton alle elezioni precedenti e finì come sappiamo). È anche chiaro che Biden è una personalità debole, priva di carisma. È favorito ma ciò sembra più l'effetto di una diffusa avversione a Trump che di un apprezzamento senza riserve nei suoi confronti.

Il vero vantaggio di Biden dipende dagli errori commessi dal presidente nella gestione dell'emergenza Covid e dai danni economici provocati dalla pandemia. Quel vantaggio potrebbe essere eroso se non si fermassero le violenze di strada che hanno spaventato molti americani nonché gli sfregi alla loro storia e alla loro identità con l'abbattimento di statue (da Colombo a Jefferson) che ne sono il simbolo. E sarebbe un guaio elettorale per Biden se i democratici dessero l'impressione di non essere abbastanza decisi nel contrapporsi a tutto ciò.

In una società polarizzata possono emergere politici estremisti che pensano di guadagnare spazi e influenza sfruttando le manifestazioni violente. All'estrema sinistra politici "rivoluzionari" cercano di farsi spazio ai danni dei democratici (all'insegna dello slogan: "aboliamo la polizia"). La stessa cosa accade o accadrà a destra (tanto in caso di sconfitta che di riconferma di Trump): sorgeranno leader, punti di riferimento dell'estremismo di destra, che si faranno strada a scapito di esponenti repubblicani. Dopo di che, il nuovo estremismo (di destra e di sinistra) condizionerà le componenti più centriste dello schieramento politico americano.

Ciò, però, non è inevitabile. Una nuova Amministrazione democratica potrebbe mostrarsi ferma e dura nei confronti di ogni forma di violenza, togliendo spazio agli estremisti e tranquillizzando così la maggioranza degli americani. Sempre ricordando però che in un sistema federale moltissimo dipende dalla disponibilità delle autorità statali e locali a cooperare con il presidente. È possibile, e forse probabile, nonostante i timori degli ultimi tempi, che le istituzioni politiche statunitensi si rivelino così forti e così radicate da poter superare, magari con qualche ammaccatura, anche un frangente come questo. Così forti da poter resistere a un presidente come Trump nonché alla pressione dell'estremismo più violento di destra e di sinistra.

Ci sono alcuni aspetti della politica che sono sempre gli stessi in ogni tempo e luogo. Ci sono però anche differenti tradizioni e istituzioni. In taluni casi, esse sono solide e capaci di tenere a bada il lato oscuro, il potenziale di violenza collettiva sempre presente (magari sottotraccia ma pronto ad attivarsi) in ogni aggregato umano. Uno degli aspetti più ammirevoli della civiltà occidentale è il fatto di avere creato istituzioni che incoraggiano la libertà personale scoraggiando al tempo stesso le diffuse vocazioni e propensioni alla violenza. Se in un prossimo futuro ciò non valesse più per gli Stati Uniti, saremmo tutti, non solo gli americani, nei guai. Ci conviene confidare nella solidità e nella tenuta delle istituzioni democratiche americane.