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di Massimo Krogh

 

Il Mattino, 30 luglio 2020

 

Il nostro Paese, per l'insopportabile durata del processo penale, ma non solo, si distingue in peggio nella geografia della civiltà avanzata; purtroppo si avverte una incapacità totale a risalire la china. Occorre riconoscere che lo sfascio è al traguardo.

La complessità visibile del disastro giudiziario va valutata senza perdere di vista il cambiamento della società, non solo industrializzata ma globalizzata in un quadro di rapporti prevalentemente finanziari, dove la gente, polso della democrazia, ha percepito la fragilità del potere politico/amministrativo sui temi della criminalità economica, nel clima sfrenato dei consumi e dei flussi migratori sfuggiti alle regole.

Il cambiamento storico ha colto impreparato il nostro Paese. Non si è trovato di meglio che mettere a conflitto politica e giustizia, ingessando le disfunzioni del servizio giudiziario, che, peraltro, dovrebbe rappresentare l'immagine della giustizia come effettiva garanzia dello Stato di diritto; il quale è un ordinamento originario che, attraverso la Costituzione, si pone come instauratore di sé stesso, e perviene alla propria attuazione nella sintonia con ii diritto oggettivo.

Il legislatore non ha forse avvertito, culturalmente, che la società stava cambiando ed ha, imprudentemente, mescolato inquisitorio e accusatorio, conservando un modello garantistico burocratico piuttosto che sostanziale e non cogliendo la necessità di una diversa cultura delle garanzie, fondata sulla effettiva oralità e immediatezza della formazione probatoria. Senza dire dei maxiprocessi, vera e propria piaga, molto meglio punire subito qualcuno piuttosto che investigare su tutti finendo per non punire nessuno.

La nostra giustizia sembra modellata più sull'idea di una paziente attesa della prescrizione che sul principio costituzionalizzato di ragionevole durata in vista di una decisione giusta. È chiaro che il rimedio non può cercarsi nel sacrificio delle garanzie, che però non devono prestarsi alla pretestuosità, Ad ogni modo, per non perdersi e capire, sembra necessario distinguere fra giudice e pubblico ministero, figure che nel linguaggio corrente sono talvolta accomunate, al punto che tutti i magistrati sono chiamati giudici. Una netta distinzione, visiva e critica, dovrebbe separare il magistrato che accusa da quello che giudica.

Il pm è la giustizia attiva, quella cioè che si muove e si sente, che tocca le corde sensibili della gente, il giudice è l'organo che deve giudicare le persone emettendo le sentenze; potrebbe dirsi la giustizia passiva, nella disgregazione del complessivo apparato giudiziario, dove aspetta per farsi sentire. È sconfortante l'incapacità politica nel fallimento della giustizia.

Ed è abbastanza penosa, in tale contesto, la cerimonia che inaugura l'inizio dell'anno giudiziario. Fu introdotta nel 1865, ma già se ne avevano esempi nel Granducato di Toscana e poi nel Regno di Sardegna, il fascismo trasferì la cerimonia dalla Cassazione a Palazzo Venezia.

In realtà, lo stato della giustizia non parrebbe consono ad occasioni celebrative, meglio il decoroso silenzio e lo sforzo per cambiare. Bisogna, però, dire che sarebbe ingiusto considerare i magistrati responsabili di questo dissesto, al contrario ne sono le prime vittime, costretti ad un pesante lavoro su processi inutili, creati da un sistema sbagliato.

L'ho detto altre volte, ma giova ripeterlo, i magistrati sono anche essi vittime di un sistema giudiziario costruito ai limiti dell'anarchia; si è adottato il rito accusatorio, figlio della Magna Charta e della Common law, mantenendo tutti i pilastri del rito inquisitorio, figlio del Concilio Lateranense, un pasticcio che parla da sé.

Riformare la giustizia è una impresa quasi disperata in un contesto dove ogni cosa è soverchiata dall'incomprensione dei relativi problemi. Sarebbe logico, anzi parrebbe una strada obbligata, l'adeguamento totale al rito accusatorio, scelto da molti anni, ma disapplicato nei fatti, ed un ripensamento sulla obbligatorietà dell'azione penale che soffoca il Paese.