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ottopagine.it, 30 luglio 2020

 

Da venti giorni gli è stata revocata la custodia cautelare in carcere, incompatibile con le patologie psichiatriche di cui soffre, e ne è stata disposta la libertà vigilata, ma continua a restare nella Casa circondariale di contrada Capodimonte. Un lasso di tempo trascorso in attesa che l'Asl individuasse la struttura specializzata nella quale trasferirlo per consentirgli di ricevere le terapie che necessità.

Se possa essere quella di Solopaca, scelta nelle ultime ore, lo si capirà solo dopo il colloquio che uno psichiatra del centro avrà domani con Teodoro Ialeggio, il 56enne ingegnere di Airola arrestato il 10 aprile dai carabinieri con l'accusa di tentato omicidio, a colpo di martello, della coniuge - M. R. R., sua coetanea-, all'epoca ricoverata in prognosi riservata al Rummo.

Difeso dall'avvocato Paolo Abbate, il professionista è stato ritenuto incapace di intendere e di volere al momento del fatto e non imputabile, ma capace di stare in giudizio, da una perizia psichiatrica curata dal dottore Teofila Golia e decisa dal gip Loredana Camerlengo nel corso dell'incidente probatorio. Una perizia di cui Golia aveva illustrato i risultati il 9 luglio durante una udienza alla quale era seguita la pronuncia del giudice, che, come chiesto dalla difesa, aveva revocato la custodia in carcere al 56enne, stabilendone la collocazione in un centro adeguato. Che, a distanza di tre settimane, non è ancora avvenuta.

Come più volte ricordato, il dramma, per fortuna sfiorato, si era verificato in un'abitazione di via Annunziata, riempita all'improvviso dalle urla della 56enne - è rappresentata dall'avvocato Stanislao Lucarelli - gravemente ferita dal marito, che, riacquistata la lucidità, aveva poi cercato di togliersi la vita tagliandosi le vene dei polsi. Durante la convalida dell'arresto, Ialeggio aveva domandato come stesse la coniuge che pensava, quando aveva chiamato i carabinieri, di aver ucciso per le martellate alla testa che le aveva inferto.

Non ricordo ciò che ho fatto, so soltanto che non ce la facevo più, aveva sostenuto, raccontando la storia di una coppia affetta da depressione - per il 16 aprile era stata prenotata, e poi rinviata per l'emergenza sanitaria, una visita psichiatrica all'Asl - che, sentendosi abbandonata da tutti, dopo aver chiesto aiuto senza riceverlo, era arrivata al punto di non alimentarsi più con regolarità. Volevamo che venissero a prenderci a casa con la forza, ma non è accaduto, aveva continuato.

Una situazione familiare molto complicata, aggravata dalla decisione che la moglie avrebbe preso: non sottoporsi più alla chemioterapia ordinata dopo un'operazione, a gennaio, per la rimozione di una neoplasia. Voglio morire, avrebbe detto lei all'uomo che aveva sposato, precipitandolo in uno stato di profonda prostrazione, in una fragilità che all'improvviso era evidentemente esplosa.