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di Antonio Amorosi


affaritaliani.it, 29 luglio 2020

 

Lo conferma anche la Corte di Cassazione. È finito in Cassazione il ricorso di un boss al 41bis, il regime duro che si applica ad alcuni detenuti particolarmente pericolosi per ostacolare le loro comunicazioni con le organizzazioni criminali. Il boss si chiama Salvatore Madonia è nato il 1956 ed è figlio di Francesco, storico capo mafia condannato all'ergastolo nel processo "Borsellino-ter".

Il boss voleva far valere il suo diritto a informarsi tramite un quotidiano e ad elevarsi culturalmente. Accede tutto a Sassari, alla Casa circondariale nel nord ovest della Sardegna, dove un blocco del penitenziario è dedicato ai detenuti in regime di 41bis. Questo detenuto "speciale" presenta un reclamo al Magistrato di Sorveglianza contestando la decisione della Casa Circondariale che gli ha negato il diritto di sottoscrivere un abbonamento gratuito a un quotidiano, a Il Manifesto, e di poter avere una copia gratuita di un secondo giornale, L'Avvenire. I due quotidiano sono testate di cui il Dap, il Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, consente la lettura.

Il Magistrato però respinge il reclamo, bollandolo come generico e poi considera il rifiuto come un atto che non viola alcun diritto del detenuto. Contro questa decisione il boss ricorre al Tribunale di Sorveglianza che con ordinanza dichiara il "non luogo a deliberare". Anche perché si scopre che la Curia vescovile non consente più la consegna della copia gratuita del suo giornale, l'abbonamento non è gratuito ma a pagamento. Ma rispetto a questo la Direzione del carcere non ha apposto impedimenti. In sostanza il detenuto dovrebbe capire come pagarselo ma intanto non può accede a quel giornale.

Il boss, convinto del fatto suo (spesso avrebbe presentato ricorsi simili), ricorre in Cassazione contestando la violazione degli articoli 21 e 24 della Costituzione "nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione". Nella contestazione il detenuto fa presente che un'altra Casa Circondariale ha invece accolto la richiesta di un altro detenuto che si è trovato nelle sue medesime condizioni. In più in quel caso la Direzione del giornale, a cui il detenuto era interessato, aveva istituito un fondo per consentire la sottoscrizione gratuita dell'abbonamento alla testata.

La Cassazione con la sentenza n. 21803/2020 ha annullato l'ordinanza del Magistrato e rinviato ad un'altra toga la decisione sul caso ma riconoscendo che il ricorso presentato dal boss è fondato. "In materia di quotidiani nazionali è stato condivisibilmente affermato che il diritto a ricevere pubblicazioni della stampa periodica costituisce declinazione del più generale diritto a essere informati, a sua volta riconducibile alla libertà di manifestazione del pensiero, di cui costituisce una sorta di precondizione; sicché esso trova una diretta copertura costituzionale negli artt. 2 e 21 Cost. e, a livello convenzionale, nell'art. 10 Cedu".

Per gli Ermellini della Corte di Cassazione negare il diritto a informarsi e alla cultura si pone in contrasto con gli articoli 2 e 21 della Costituzione italiana che riconoscono i diritti inviolabili dell'uomo come singolo e parte della collettività e il diritto all'informazione.

Il magistrato di Sorveglianza avrebbe dovuto capire se i giornali richiesti erano accessibili tramite fondi e altre strade o se il quotidiano in oggetto si fosse reso disponibile a distribuire gratuitamente il giornale. La Corte di Cassazione, che nel nostro ordinamento giudiziario svolge funzione di Corte Suprema, ha spiegato che il diritto all'informazione è un principio fondamentale della persona, riconoscendo al detenuto, per quanto boss e al 41bis, il diritto ad abbonarsi a un quotidiano e ad avere diritto alla copia gratuita di un altro giornale, capovolgendo sia la decisione del magistrato di Sorveglianza sia quella del Tribunale che ne avevano impedito la possibilità. Ora il magistrato di Sorveglianza dovrà nuovamente rivalutare il reclamo, motivandolo come ordinato dalla Cassazione.