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di Damiano Aliprandi

 

Il Dubbio, 23 luglio 2020

 

La corte costituzionale, esaminata la questione di legittimità sollevata dal magistrato di sorveglianza Fabio Gianfilippi in merito al decreto nato dopo le proteste contro le "scarcerazioni" dei reclusi mafiosi durante l'emergenza Covid-19, ha deciso di rinviare gli atti al remittente per chiedergli se ritenga la questione ancora non manifestamente infondata.

Questo perché, nel frattempo, la norma è stata parzialmente modificata con l'obbligo da parte del tribunale di sorveglianza di pronunciarsi sulla revoca del provvedimento, ove emessa dal magistrato di sorveglianza, entro il termine di 30 giorni. Tutto nell'ambito di un procedimento in cui la difesa ha pieno accesso agli atti.

Il Magistrato di sorveglianza di Spoleto, ricordiamo, ha sollevato questioni di legittimità costituzionale nella parte in cui - il magistrato che lo ha emesso - prevede che procede a rivalutazione del provvedimento di ammissione alla detenzione domiciliare o di differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da Covid-19.

La disposizione censurata prevede che quando un condannato per uno dei delitti di criminalità organizzata indicati è ammesso alla detenzione domiciliare o usufruisce del differimento della pena per motivi connessi all'emergenza sanitaria da Covid-19, il magistrato di sorveglianza o il Tribunale di sorveglianza che ha adottato il provvedimento, acquisito il parere del Procuratore distrettuale antimafia del luogo in cui è stato commesso il reato, valuta la permanenza dei motivi legati all'emergenza sanitaria entro il termine di quindici giorni dall'adozione del provvedimento e, successivamente, con cadenza mensile.

Secondo Gianfilippi il procedimento previsto dalla disposizione, onerando il magistrato di sorveglianza della rivalutazione, non coinvolge adeguatamente la difesa tecnica dell'interessato, non prevedendo alcuna comunicazione formale dell'apertura del procedimento e non garantendo il contraddittorio rispetto alla parte pubblica rappresentata dal Procuratore Distrettuale antimafia. In sostanza il remittente ha censurato la lesione del diritto della difesa e disparità di un procedimento privo di garanzie solo per gli autori di specifici reati.

La Corte ha osservato che, successivamente al Decreto legge, è stata approvata la legge n. 70 del 2020 secondo cui, quando il Magistrato di sorveglianza ha disposto in via provvisoria la revoca, e il condannato è tornato in carcere, il Tribunale di sorveglianza è tenuto a pronunciarsi in via definitiva sull'istanza di scarcerazione entro il termine perentorio di 30 giorni, nell'ambito di un procedimento in cui la difesa ha pieno accesso agli atti. Il Magistrato di sorveglianza di Spoleto dovrà dunque rivalutare se i diritti costituzionali del condannato siano ora adeguatamente garantiti.