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di Liana Milella

 

La Repubblica, 23 luglio 2020

 

La maggioranza chiude nella notte l'accordo sulla riforma anti-correnti del Csm. Doppio turno con parità di genere nelle candidature e 4 preferenze. Accordo fatto. La maggioranza chiude, nella notte, l'intesa sulla nuova legge che cambia le regole per l'elezione al Csm.

Una riforma non solo contro le correnti dopo l'inchiesta di Perugia su Palamara, ma anche per allontanare il più possibile dall'organo di "governo autonomo della magistratura" - come ha precisato il presidente Sergio Mattarella nell'ultimo plenum che ha presieduto al Quirinale il 15 luglio - qualsiasi possibile interferenza della politica attiva. Per questo - ed è la novità maturata tra le 9 e trenta e la mezzanotte di ieri - al Csm non si potrà candidare chi, negli ultimi due anni, ha rivestito incarichi di governo sia nazionale, sia locale.

Stop ai politici per 2 anni - Ma non basta: perché, anche se non se ne ricorda un solo caso nella storia di palazzo dei Marescialli, non potranno essere designati dal Parlamento, nell'elezione in seduta comune, neppure i segretari di un partito. Una regola che, dopo i casi Lotti e Ferri nell'inchiesta di Perugia su Palamara, ha l'obiettivo, a cui tengono il Guardasigilli Alfonso Bonafede, ma anche i partiti della maggioranza giallorossa, di evitare qualsiasi possibile interferenza esterna sul Consiglio superiore della magistratura. Insomma, se sei anni fa fu designato come laico al Csm l'ex sottosegretario Giovanni Legnini, divenuto poi vice presidente, in carica nel governo nelle stesse ore in cui fu scelto per il Csm, questo non sarà più possibile.

Via libera ai parlamentari - All'opposto non passa la stretta, che pure Bonafede avrebbe voluto ma su cui c'è stato il netto niet del Pd, sui parlamentari. Potranno essere eletti liberamente come laici del Csm. Ma non si può escludere, visto che la riforma va in Parlamento aperta alle modifiche, che anche su deputati e senatori non possa essere inserito un blocco temporale che sterilizzi almeno il tempo del loro passaggio da parlamentari a membri del Csm. Per esempio potrebbero restare fuori deputati e senatori in carica in quel momento. Per cui una scelta come quella dell'attuale vice presidente del Csm David Ermini, ex deputato del Pd, risulterebbe impossibile. Ma su questo ci sono possibili rischi di violare le regole della Costituzione.

La legge elettorale e le donne - Ma è sulla legge elettorale che si registrano altre due novità interessanti. Sempre in chiave anti correnti e con l'obiettivo di garantire la parità di genere. Nella legge di Bonafede sarà previsto un sistema elettorale con 19 collegi, con il doppio turno. Nel primo le liste dovranno essere composte rispettando appunto il principio della parità di genere, tanti uomini e altrettante donne. Un modo per garantire una maggiore presenza femminile a palazzo dei Marescialli, che oggi, su 26 consiglieri - 16 togati e 8 laici - conta soltanto donne nel parterre dei togati (ce ne sono sei, due di Area, Alessandra Dal Moro ed Elisabetta Chinaglia, due di Magistratura indipendente, Loredana Micciché e Maria Paola Braggion, una di Unicost, Concetta Grillo, una di Autonomia e indipendenza, Ilaria Pepe), mentre la rappresentanza laica è tutta al maschile.

Sarebbe opportuno quindi - qualora Bonafede ancora non l'avesse previsto - che anche nella scelta dei consiglieri laici il Parlamento fosse obbligato a rispettare la parità di genere. In futuro il Csm sarà ampliato nei numeri, con 20 togati e 10 laici. Ebbene, almeno la metà dei laici dovrebbe essere composta da donne. Come si è cercato di fare per la Corte costituzionale che nell'ultima votazione in seduta comune, ha mandato alla Corte Silvana Sciarrerei mentre il Quirinale ha scelto Daria de Pretis.

L'obbligo delle 4 preferenze - Ma è proprio sulla legge elettorale che la maggioranza - presenti per il Pd il sottosegretario alla Giustizia Andrea Giorgis, il responsabile Giustizia del Pd Walter Verini, il vice capogruppo del Pd al Senato Franco Mirabelli; per Italia Viva Lucia Annibali; per Leu Piero Grasso e Federico Conte - ha dibattito più a lungo. Nell'ansia di garantire sia la parità di genere che soprattutto lo stop a qualsiasi manovra correntizia, l'elettore al primo turno dovrà esprimere quattro preferenze. Anche se ovviamente nessuno potrà impedire eventuali accordi di pacchetto su chi votare.

In Cdm la prossima settimana - In queste ore in via Arenula il capo dell'ufficio legislativo Mauro Vitiello, che era presente all'incontro politico, dovrà mettere a punto l'ultimo testo. Che non ce la farà ad andare nel prossimo consiglio dei ministri di questa settimana, ma salterà alla prossima. l'idea di Bonafede e della maggioranza è di portare in Parlamento un testo aperto ai contributi dei partiti, ma con l'obiettivo di approvare la legge in tempi stretti.