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di Patrizia Maciocchi

 

Il Sole 24 Ore, 23 luglio 2020

 

Il diritto ad essere informati è parte integrante della libertà di manifestazione del pensiero, riconosciuto dalla Costituzione. Tuttavia per ragioni di indagine e sicurezza sono lecite restrizioni. Al boss mafioso, detenuto al 41bis il cosiddetto carcere duro, non può essere negato l'abbonamento ai quotidiani. Il diritto ad essere informati è, infatti, parte integrante e condizione per una libera manifestazione del pensiero, garantito dalla Costituzione. Ma resta il limite della cronaca locale, che può essere fonte di notizie che possono essere diffuse tra i detenuti sottoposti al regime speciale.

La "staffetta" con il padre Francesco Madonia - Partendo da questo presupposto la Corte di Cassazione (sentenza 21803) ha accolto il ricorso del boss di "Cosa Nostra" Salvatore Madonia classe 1956, figlio di Francesco, storico capo mafia condannato all'ergastolo nel processo "Borsellino-ter". Salvatore Madonia ha raccolto il testimone del genitore, finito in carcere nell"87, per rappresentarlo nella commissione provinciale della Cupola. Quello accolto dalla Cassazione è l'ennesimo ricorso in Cassazione di Salvatore, in carcere anche lui dal 1991. Un precedente, relativamente recente, riguarda il presunto diritto violato alla corrispondenza: ricorso respinto dalla Suprema corte. L'ultima censura è invece passata.

La condizione della significativa tradizione editoriale dei quotidiani - Per i giudici di legittimità la direzione della casa circondariale nella quale si trova ristretto, non avrebbe dovuto negare la possibilità di ricevere i quotidiani richiesti, Avvenire e Il Manifesto, senza prima verificare se le testate, pur non inserite nella circolare Dap del 2017, tra i quotidiani acquistabili con il "sopravvitto", potessero arrivare al detenuto in abbonamento gratuito, vista la disponibilità ad inviarli da parte della direzione vendite, e se rientrassero tra i quotidiani di "significativa tradizione editoriale".

Il diritto ad essere informati - Per la Cassazione "il diritto a ricevere pubblicazioni della stampa periodica costituisce declinazione del più generale diritto ad essere informati, a sua volta riconducibile alla libertà di manifestazione del pensiero, di cui costituisce una sorta di precondizione, sicché esso trova una diretta copertura costituzionale negli articoli 2 e 21 della Costituzione".

Il limite delle notizie di mafia - Il diritto può comunque essere negato, come avvenuto nel caso del boss di Cosa Nostra Giuseppe Falsone (sentenze 21942 e 21943) che aveva fatto ricorso perché non gli era stato consegnato il Corriere della Sera. Per la Cassazione un no giustificato dal contenuto di alcune pagine, con articoli relativi ad un'operazione anti 'ndrangheta a Milano. Notizie che potevano essere di interesse per altri detenuti nello stesso carcere di massima sicurezza.

Ancora un ricorso di Falsone era stato respinto, sempre per rivendicare la consegna di un numero del Corriere della Sera, questa volta con servizi che riguardavano un testimone di giustizia impegnato contro il "clan dei Casalesi", ed alcuni esponenti della consorteria erano nello stesso carcere del ricorrente. Senza successo la difesa di Falsone ricorda ai giudici che le uniche limitazioni, alla libertà di informazione possono riguardare solo la stampa locale e, in particolare, quella delle zone di provenienza del carcerato.

La Suprema corte ricorda infatti che le maglie strette sono consentite quando sono in gioco l'ordine e la sicurezza pubblica. Niente giornali, neppure nazionali dunque, quando possono essere fonte di aggiornamento sulle dinamiche criminali sul territorio e uno strumento per verificare che siano stati eseguiti gli ordini fatti arrivare all'esterno.