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di Errico Novi


Il Dubbio, 1 luglio 2020

 

Ci voleva una pandemia. Un fatto sconvolgente. Ma alla fine il totem dell'abuso d'ufficio sta finalmente per essere piegato, se non abbattuto del tutto. Lo si capirà forse già domani, quando il premier Giuseppe Conte confida di ottenere il via libera, in Consiglio dei ministri, sul decreto Semplificazioni. Un intervento ampio - persino troppo, forse - che coinvolge una mezza dozzina di dicasteri, ma al cui interno c'è una decisiva modifica all'articolo 323 del codice penale.

La norma che disciplina, appunto, l'abuso commesso dal pubblico amministratore: il reato non potrà più essere contestato nei casi in cui la legge di cui si può invocare, a legislazione vigente, la violazione consenta comunque al decisore un margine discrezionale. Se il sindaco del caso si avvale di una prevista libertà di azione "residuata" dalla norma relativa all'atto compiuto, il pm non potrà più ottenerne il rinvio a giudizio. Vuol dire anche allontanare l'incubo della condanna, anche solo in primo grado, che per chi amministra un ente locale si traduce nella sospensione dall'incarico, come impone la legge Severino.

Non solo. Perché nel pacchetto di misure specificamente rivolte all'attività dei decisori pubblici compare anche una rimodulazione del danno erariale. L'azione di responsabilità verrà limitata al dolo per le sole "azioni" e non anche per le "omissioni". Si può essere perseguiti per il fare solo se si è deliberatamente agito in danno dell'interesse pubblico. Se invece non si è agito, lo spettro della responsabilità resterebbe meno definito e dunque più ampio. Cioè l'inerzia diventerebbe più rischiosa. Una rivoluzione per certi aspetti ancora più dirompente.

Non a caso, mentre le novità relative all'articolo 323 sono destinate a limitare definitivamente le azioni penali possibili nei confronti degli amministratori pubblici, rispetto al danno erariale la rimodulazione che avvantaggia l'attivismo è riferita, dal decreto, a un periodo che si concluderebbe il 31 luglio 2021. Vale, al momento, per un anno. Quasi come se si trattasse di istituire una zona franca temporanea, necessaria per superare la crisi da pandemia anche con un maggiore coraggio decisionista delle strutture pubbliche.

E ancora: si ipotizza il commissariamento da parte delle sezioni di controllo della Corte dei conti in tutti quei casi in cui l'amministrazione, statale o locale, faccia melina nei procedimenti per l'assegnazione di risorse e fondi. Si potrà arrivare a un commissario ad acta che decide al posto del dirigente del ministero o del capo dipartimento della Regione. Una ipotesi costruita anche per sbloccare l'utilizzo di fondi Ue, spesso rallentato dalla burocrazia.

Sul piano politico si tratta di passi avanti enormi. Vanno considerate le figure chiave con le quali il premier Conte ha messo a punto il riordino delle responsabilità pubbliche. Uno è il segretario generale della presidenza del Consiglio Roberto Chieppa, magistrato amministrativo di grande competenza, non connotabile sul piano dell'appartenenza politica.

L'altro perno attorno cui si sono sviluppate le decisioni è invece il sottosegretario alla Programmazione economica Mario Turco, che la connotazione ce l'ha: è stato eletto al Senato per il Movimento 5 Stelle. Professore di Economia all'ateneo UniSalento, ha contribuito, in particolare, a spingere verso l'ultima delle tre modifiche richiamate, quella che prevede l'intervento di un commissario ad acta dinanzi a burocrati dormienti in materia di finanziamenti pubblici.

Peserà, sul destino del Dl Semplificazioni (o "Libera Italia", come già ama definirlo Conte), la capacità dei 5 Stelle di affrancarsi dal riflesso general preventivo in campo penale. Non sarà facile, anche perché dalla minoranza, in particolare da Forza Italia, già arriva una singolare forma di provocazione: "Il governo, con decreto legge, vuole mettere mano alla fattispecie dell'abuso d'ufficio, senza peraltro cancellarla", chiosa in una nota Enrico Costa, responsabile Giustizia degli azzurri. A suo giudizio il caso è "tipico della ipocrisia grillina: cancellare una norma penale sarebbe inammissibile, rimodularla su misura di qualche loro amministratore è invece assolutamente digeribile.

Vogliono far dormire sonni tranquilli a qualche loro sindaco malauguratamente accusato di questo reato? A pensar male...". Dopodiché Costa sfida così i 5 Stelle, in particolare il guardasigilli Alfonso Bonafede, che è il capo della delegazione pentastellata nell'esecutivo: "Pur di picconare questo sciagurato reato siamo comunque disposti a votare la loro proposta", dice il forzista, che però chiede al ministro, in un'interrogazione, di "fare chiarezza e spiegarci: perché i grillini un tempo volevano addirittura aumentare la pena dell'abuso d'ufficio, e oggi hanno cambiato idea, ridimensionandola?".

La schermaglia politica ci sta. Andrà verificato se avrà come conseguenza una pur parziale retromarcia sulle modifiche. Nella relazione tecnica messa a punto a Palazzo Chigi, l'intervento viene così descritto: "Si interviene sulla disciplina dettata dall'articolo 323 del codice penale, attribuendo rilevanza alla violazione da parte del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio, di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge, attribuendo, al contempo rilevanza alla circostanza che da tali specifiche regole non residuino margini di discrezionalità per il soggetto, in luogo della vigente previsione che fa generico riferimento alla violazione di norme di legge o di regolamento. Ciò al fine di definire", si aggiunge nell'illustrare la modifica, "in maniera più compiuta la condotta rilevante ai fini del reato di abuso di ufficio".

È un ritaglio minuzioso, puntuale. Difficile che anche il più securitario dei grillini possa intravedervi un favore a sindaci sotto minaccia penale. Ieri la Stampa ha raccolto, in un'intervista, il sì spassionato alla svolta da parte del sindaco di Parma Federico Pizzarotti, ex 5 Stelle. Servirebbe una rivendicazione esplicita da chi nel Movimento milita ancora. Conte la dà per certa.