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di Simona Lorenzetti

 

Corriere della Sera, 18 giugno 2020

 

Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz non sconteranno la pena completamente in carcere per il rogo di Torino del 2007 che causò 7 vittime. L'annuncio di Radio Colonia. La rabbia dei parenti delle vittime: "Ci sentiamo presi in giro".

Nella notte tra il 6 e il 7 dicembre del 2007 un incendio divampò lungo la linea 5 dello stabilimento ThyssenKrupp di Torino: sette operai persero la vita, divorati dalle fiamme. Dodici anni dopo, la memoria di quei sette uomini intrappolati nel fuoco viene macchiata da una giustizia negata. Ieri pomeriggio i familiari delle vittime si sono ritrovati a casa di Rosina De Masi, la mamma di Giuseppe. Avrebbero dovuto confrontarsi su alcune iniziative da organizzare per l'anniversario della tragedia. Ma l'incontro si è trasformato in un consiglio di guerra.

Dalla Germania è giunta infatti la notizia che Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, i due manager della multinazionale riconosciuti colpevoli del rogo e della morte dei dipendenti, avevano ottenuto la semilibertà. "Ci incateneremo a Roma. Moriremo di fame e di sete pur di avere una risposta - si sfoga Rosina. Non è accettabile che non scontino neanche un giorno di carcere. Se non vanno in galera loro, che hanno sette morti sulla coscienza, allora chi ci andrà?".

Misura alternativa - La Procura generale di Essen ha concesso ai dirigenti tedeschi il cosiddetto "Offner Vollzug", una misura alternativa al regime carcerario pieno. In sostanza, Espenhahn e Priegnitz potranno lasciare il penitenziario di giorno e continuare a lavorare, ma dovranno fare rientro la notte. A spiegare la decisione dei magistrati tedeschi è stato lo stesso procuratore di Essen, Anette Milk, nel corso di un'intervista all'emittente Radio Colonia.

La notizia ha poi trovato conferma negli ambienti giudiziari torinesi. Entro un mese dovrebbe quindi partire per entrambi l'esecuzione della pena. I dirigenti hanno potuto accedere alla misura alternativa perché i giudici ritengono ci siano tre fattori a loro favore: non hanno precedenti penali, non sussiste il pericolo di fuga e non c'è nemmeno il rischio di reiterazione del reato in considerazione degli incarichi che oggi svolgono in seno alla multinazionale.

"Non era certo questa la notizia che ci aspettavamo - sottolinea Antonio Boccuzzi, unico sopravvissuto al rogo -. Siamo arrabbiati, delusi. Tutte le rassicurazioni che ci sono state date sono cadute nel vuoto. È inquietante rendersi conto che non si può più credere in nessuno. E nemmeno nella giustizia. I lunghi anni di processo e le battaglie per la sicurezza sui luoghi di lavoro perdono ogni significato di fronte a decisioni di questo tipo, che mancano di rispetto a sette morti e a un intero Paese".

"Inevitabile" - Il rischio che i due dirigenti non scontassero neanche un giorno di carcere sembrava a un certo punto scongiurato. Nei giorni scorsi il procuratore generale di Torino Francesco Saluzzo - in seguito a una dettagliata relazione depositata da Eurojust - aveva infatti spiegato che per i manager il carcere "era inevitabile e imminente" e che non erano previste misure alternative. Ora la decisone dei giudici tedeschi disattende tutte le aspettative.

Nel 2016 Espenhahn, all'epoca della tragedia amministratore delegato Thyssen, era stato condannato in Cassazione a 9 anni e 8 mesi di reclusione; per Priegnitz, membro del cda, la pena inflitta era stata di 6 anni e 10 mesi. All'indomani del verdetto, però, avevano fatto ricorso alla magistratura tedesca. La loro ultima istanza è stata respinta a febbraio dal tribunale superiore di Hamm. Ma la pena è stata ridotta a cinque anni: il massimo previsto in Germania per il reato di omicidio colposo.