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di Liana Milella


La Repubblica, 10 marzo 2020

 

"Per affrontare il coronavirus nelle carceri è necessario ridurre il numero dei detenuti". In questa affermazione secca si riconosce Stefano Anastasia, il garante dei detenuti per il Lazio e l'Umbria, nonché portavoce di tutti i garanti italiani, che lunedì nel carcere di Frosinone è stato protagonista di una mediazione riuscita tra i detenuti in rivolta e la direzione del penitenziario.

 

Le rivolte in tutta Italia: se le aspettava o sono una sorpresa?

"Certamente, in queste dimensioni, sono una sorpresa. Che covasse malcontento era evidente per molte ragioni. Che potesse assumere queste forme e questa diffusione non era prevedibile".

 

Neppure dopo l'annuncio della stretta sui permessi per via del Coronavirus?

"Proprio quello è stato il detonatore. Non tanto i permessi, quanto la sospensione dei colloqui con i familiari che non era né prevista né immaginabile su tutto il territorio nazionale così da un momento all'altro".

 

Forse non è stata spiegata a sufficienza, è stata buttata sul tavolo come un'imposizione.

"Sì, certo, è andata proprio così, e per di più le prime notizie parlavano della sospensione dei colloqui fino al 31 di maggio. Notizia che avrebbe dovuto essere argomentata e spiegata in modo che fosse chiaro che si trattava di una decisione presa innanzitutto nell'interesse della salute dei detenuti".

 

Senta, tutti gli italiani stanno affrontando pesanti sacrifici per via del Covit-19. Possibile che rinunciare ai colloqui, peraltro sostituiti da più telefonate e contatti via Skype, possa portare a una rivolta così pesante?

"La sospensione dei colloqui è solo uno dei motivi della rivolta, che si affianca a una preoccupazione reale sulla possibile diffusione del virus in carcere. Laddove quelle misure precauzionali che noi abbiano imparato a rispettare fuori non si capisce come possano essere seguite dietro le sbarre".

 

E sarebbe?

"Mi riferisco all'igiene personale e degli ambienti, alle necessarie distanze tra le persone, fino ai casi che pure potranno essere necessarie di quarantena. Come potranno isolarsi le decine di detenuti che fossero entrati in contatto con uno di loro positivo dentro le nostre carceri sovraffollate?".

 

È un problema reale, ma da qui a provocare incendi, impossessarsi dei medicinali, utilizzarli, e parliamo di droghe, ce ne corre...

"Nessuna giustificazione per atti di violenza contro le cose e in modo particolare contro le persone, ma dobbiamo saper cogliere le preoccupazioni che sottostanno a questa protesta".

 

Chi ha sbagliato? Il capo del Dap oppure il ministro Bonafede?

"La responsabilità politica delle decisioni prese è ovviamente del ministro; quella della loro attuazione concreta è evidentemente del Dap".

 

E adesso come se ne esce? Indulto e amnistia come chiedono le Camere penali?

"Certamente un provvedimento di clemenza generalizzata avrebbe un'efficacia immediata di riduzione dei detenuti, ma la sua praticabilità politica sappiamo essere molto difficile. Si potrebbero però riprendere altre misure già sperimentate dopo la condanna di Strasburgo sul sovraffollamento (il noto caso Torreggiani) per ridurre in maniera rapida la popolazione detenuta".

 

Ce ne dica almeno due...

"La liberazione anticipata speciale, che darebbe due mesi di sconto di pena in più all'anno e che quindi consentirebbe di far uscire i detenuti con meno di 8 mesi di pena. Ovviamente va considerato anche la possibilità di ampliare la detenzione domiciliare".