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di Gianpaolo Sarti


La Repubblica, 20 gennaio 2020

 

S'indaga per omicidio. La Procura di Gorizia si muove dopo le dichiarazioni di un testimone. Morte e proteste. Al Centro per rimpatri di Gradisca è caos. Sabato è deceduto un trentottenne georgiano detenuto nella struttura isontina.

Vakhtang Enukidze è spirato per cause misteriose all'ospedale di Gorizia: si era sentito male nella sua stanza del Cpr. Pochi giorni prima era stato protagonista di una rissa con un compagno. Gli agenti avevano placato il georgiano, lo avevano arrestato e portato in carcere.

Non è chiaro cosa sia successo durante l'intervento dei poliziotti. Poi il drammatico epilogo. La Procura ha aperto un'indagine per omicidio volontario contro ignoti.

La notizia del dramma ha innescato la ribellione dei migranti e il presidio del gruppo "No Cpr e no frontiere Fvg" all'esterno dell'edificio. Gli attivisti accusano la Polizia: "È stato ammazzato di botte dalle guardie del Cpr".

Sono giorni di tensioni altissime, lì come in altri centri: una settimana fa è morto un tunisino a Caltanissetta. Il Cpr di Gradisca è aperto da un mese, ma non si contano le proteste, le fughe, gli episodi di autolesionismo e i tentati suicidi. Ieri sono stati sequestrati i cellulari. E mentre fuori era in corso la manifestazione, dall'interno si alzava una colonna di fumo.

È atteso per oggi l'arrivo del Garante nazionale dei detenuti Mario Palma. L'indagine sulla morte del georgiano, diretta dal pm Paolo Ancora, è affidata alla Squadra mobile. "Dobbiamo accertare se il decesso è frutto di condotte dolose, colpose o preterintenzionali - osserva Massimo Lia, procuratore capo a Gorizia - oppure se è frutto di un evento patologico indipendente dall'azione di terzi".

Serve l'autopsia. In queste settimane Enukidze aveva preso parte alle ribellioni. La lite con il compagno di stanza risale invece a martedì 14: lo straniero si era scagliato su un altro migrante per cause non note. Di qui l'irruzione dei poliziotti nella stanza.

E l'arresto, con l'accusa di aggressione e resistenza a pubblico ufficiale. Non si sa come gli agenti abbiano agito. Il gruppo del "No-Cpr" ha diffuso una testimonianza audio, raccolta telefonicamente, di un altro detenuto che avrebbe assistito alla scena. Il migrante sostiene che il trentottenne georgiano è stato picchiato "da otto poliziotti".

La testimonianza è stata acquisita dagli investigatori. Dopo la rissa del 14 Enukidze è stato portato in carcere. E quindi processato per direttissima. Durante il processo presentava ferite: un'ecchimosi periorbitale e alcuni graffi.

In Tribunale "ha partecipato all'udienza, ha interloquito e ha risposto alle domande del giudice", precisa il procuratore. Due giorni dopo l'arresto, giovedì 16, Enukidze è stato trasferito nuovamente al Cpr per le procedure di espulsione. Sabato mattina si è sentito male. È deceduto poche ore dopo all'ospedale. "Prematuro fare qualsiasi tipo di affermazione", rileva il questore di Gorizia Paolo Gropuzzo. "Per mettere le manette un'azione di forza c'è stata.

Ma che l'episodio del 14 sia la causa del decesso, è un'ipotesi azzardata". Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell'Asgi (Associazione studi giuridici immigrazione) segue la vicenda. "Il Cpr di Gradisca è fuori controllo", accusa. "Tensioni e violenze si sono verificate da subito".

 

Visita del Garante nazionale al Cpr di Gradisca di Isonzo (Comunicato stampa)

 

A seguito dei gravi episodi che hanno coinvolto il Centro di permanenza per il rimpatrio di Gradisca di Isonzo e della morte di una persona ristretta nel Centro, Il Garante nazionale Mauro Palma lunedì pomeriggio visiterà il Centro insieme al Prefetto di Gorizia Massimo Marchesiello e parlerà con le persone trattenute nel Cpr. La visita sarà anche l'occasione per incontrare le Istituzioni del territorio e assumere ogni informazione circa le azioni da queste conseguentemente intraprese. La presenza del Garante nazionale vuole così assicurare che la vicenda sarà seguita in ogni suo aspetto da un organismo indipendente nella consueta ottica di rispetto dei diritti delle persone private della libertà, del sostegno di chi opera in situazioni così complesse, di rispetto della comunità locale che ha il compito di ospitare tali strutture.