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di Elisa Chiari


Famiglia Cristiana, 12 gennaio 2020

 

Se un Governo limita l'indipendenza della giurisdizione nel cuore dell'Europa, il tema non è "interno", interessa i cittadini di tutta l'Unione, perché c'è di mezzo la democrazia e l'uguaglianza delle persone davanti alla legge. L'11 gennaio 2020 i giudici polacchi si sono dati appuntamento in piazza per una marcia silenziosa a Varsavia. Denunciano, in mezzo all'Europa, un'involuzione riguardo al tema, cruciale per ogni sistema che voglia definirsi democratico, dell'indipendenza della magistratura.

"Assistiamo", scrivono nell'appello che convoca la manifestazione, "ad un'ulteriore involuzione della crisi sistemica dello stato di diritto in Polonia, innescata da riforme che hanno gravemente compromesso l'indipendenza del sistema giudiziario e del suo sistema di governo autonomo. Dopo la pronuncia della Corte di Giustizia dell' UE del 19 novembre 2019 e quella della Corte Suprema di Polonia del 5 dicembre, che ha ritenuto il Consiglio di Giustizia (Krs) organo non indipendente, il Governo polacco ha presentato un progetto di legge che limita gravemente la libertà dei giudici, sia nell'attività giurisdizionale che in quella associativa: sono previste gravi sanzioni disciplinari (fino alla destituzione) per i giudici che daranno attuazione ai principi della sentenza della Corte di Giustizia e in relazione agli obblighi di dichiarare l'appartenenza ad associazioni o a valutazioni critiche espresse sull'operato di altre Istituzioni. Inoltre, le decisioni che riguardano i tribunali e i giudici sono trasferite ai Presidenti di tribunale direttamente nominati dal Ministro della giustizia".

Sembra tutto molto lontano, ma nel momento in cui tutto questo avviene e non è la prima volta - anche in Ungheria ci sono state spinte nella stessa direzione - nel cuore dell'Unione europea ci riguarda tutti. Lo stesso tema dell'indipendenza della magistratura che ci può sembrare astratto ci riguarda come cittadini europei e dunque anche italiani.

Si tende forse distrattamente a pensare all'indipendenza della magistratura come a un privilegio di categoria, in realtà quell'indipendenza - interna del singolo giudice riguardo ai rapporti gerarchici all'interno della sua istituzione, ed esterna del terzo potere rispetto agli altri due e soprattutto ai Governi - è ciò che più ci garantisce come cittadini uguali davanti alla legge.

L'indipendenza, formale e sostanziale, dell'organo chiamato a giudicare e a giudicarci, il fatto che non possa essere condizionato dall'esterno, spostato a piacimento di qualcuno, ricattato in termini di carriera, è ciò che ci consente di non essere, citando Orwell, "meno uguali degli altri" in giudizio quando a ledere i nostri diritti è un potente, un ente economicamente più grande di noi. E tanto più deboli siamo singolarmente, tanto più dobbiamo difendere quell'istituto dell'indipendenza della giurisdizione, che sempre, nel civile e nel penale, agisce a garanzia della parte più debole.

La storia dei sistemi democratici, e segnatamente delle democrazie pluraliste occidentali, anche in linea teorica procede in direzione del rafforzamento dell'indipendenza della giurisdizione. In quella direzione vanno i principi base delle Nazioni unite del 1985, ribaditi ed esplicitati nella Carta Europea sullo Statuto del Giudice del Consiglio d'Europa del 1998.

È del 2000 la raccomandazione del Consiglio d'Europa che pone il problema di garantire l'indipendenza effettiva del Pubblico Ministero, indicando di fatto il modello italiano dell'indipendenza dell'Ufficio di procura, come un ideale cui tendere nell'ottica di una sempre maggiore armonizzazione dei sistemi giudiziari dell'Unione. Nella Rome Charter, approvata dal Consiglio consultivo dei Pubblici ministeri europei nel 2014, si afferma che: "L'indipendenza e l'autonomia dell'ufficio di Procura costituisce un corollario indispensabile dell'indipendenza della giurisdizione".

Se la teoria della separazione dei poteri è nota fin dal Settecento, teorizzata da Montesquieu, la sua attuazione subisce continue spinte controspinte, nella tentazione mai sopita dei poteri esecutivi di rivendicare una libertà governare svincolata da lacci e lacciuoli, che quasi sempre si accompagna all'accusa di "supplenza" (volendo dire "sconfinamento") da parte terzo potere e che nella sua versione estrema porta alla pretesa di Governi con pieni poteri, al di sopra di ogni legge. Di solito sono i Governi sotto cui i cittadini non vivono liberi, che l'Europa ha conosciuto e che farebbe bene a non dimenticare, se vuole restare un'istituzione - con una storia di diritti e di libertà da preservare e in cui riconoscersi - capace di garantire i suoi cittadini.