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newsicilia.it, 7 dicembre 2019


Lo scorso 3 dicembre un detenuto serbo si è tolto la vita all'interno del carcere di Enna. L'uomo, un 41enne, si sarebbe trovato in carcere per maltrattamenti in famiglia e dal suo arrivo in cella pare avesse sempre ricevuto visite psicologiche e psichiatriche, l'ultima due giorni prima del triste evento. A dire la propria riguardo il gravissimo caso è stato Giovanni Fiandaca, il Garante dei diritti dei detenuti per la Sicilia.

Il comunicato del Garante - Il suicidio di un serbo quarantunenne nel carcere di Enna, avvenuto il 3 dicembre scorso, ripropone il grave e delicato problema del rischio suicidario nelle carceri, rispetto al quale l'attenzione del personale penitenziario e sanitario non è mai troppa. In questo caso si è trattato di un soggetto in custodia cautelare per il reato di maltrattamenti in famiglia, il quale, secondo quanto risulta dalle prime informazioni, sarebbe stato sottoposto ad assidua sorveglianza e osservazione psicologica a opera sia degli agenti penitenziari, sia dello psicologo dell'istituto. Sarebbe stato, altresì, visitato due giorni prima dell'evento infausto da uno psichiatra, il quale non avrebbe però segnalato concreti rischi di atti auto lesivi.

Quest'ennesimo caso di suicidio fa riemergere da un lato il problema della difficile prevedibilità dei gesti suicidari ma, dall'altro lato, mette in evidenza l'esigenza che gli psichiatri addetti alle carceri maturino una sempre più affinata competenza nel diagnosticare e prevedere il pericolo concreto di atti autolesivi da parte di soggetti detenuti affetti da quelle forme di disagio psicologico che lo stato detentivo provoca o aggrava nei soggetti più disturbati o più fragili.