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di Giuseppe Salvaggiulo

 

La Stampa, 4 novembre 2019

 

Nella prima apparizione televisiva dopo l'elezione (meno trionfale del previsto) al Consiglio superiore della magistratura, Nino Di Matteo ha parlato dei rapporti di Berlusconi e Dell'Utri con la mafia, in relazione "alla possibilità che ci sia la responsabilità di ambienti e persone non mafiosi nelle stragi del 92-93". Il che ha fatto insorgere Forza Italia contro la Rai per la "vergognosa propaganda" (Gasparri) "senza contraddittorio" (Schifani").

Nulla di nuovo, se non che Di Matteo non parla più come pm antimafia titolare di indagini, ma come membro dell'organo di governo autonomo della magistratura. Unico a godere di una ribalta televisiva, con Piercamillo Davigo (al quale, però, anche gli avversari nel Csm riconoscono più prudenza). La prevedibile polemica con i berlusconiani rischia di mettere in secondo piano i tre messaggi di politica giudiziaria che Di Matteo ha lanciato.

Destinatario, in primis, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, impegnato in una trattativa con gli altri partiti della maggioranza sulla riforma della giustizia. Avviata con segnali di disponibilità reciproca, ma ancora al palo. Sui benefici ai detenuti mafiosi, Di Matteo ha tracciato la via per attenuare gli effetti della recente sentenza della Corte costituzionale, in modo da mantenere per i boss un regime differenziato. Sulla riforma che interrompe la prescrizione dopo la sentenza di primo grado, Di Matteo ha detto che è d'accordo.

Il che rafforza la bandiera di Bonafede (piantata ai tempi del governo gialloverde) contro la richiesta di Pd e Italia Viva di rinviarne l'entrata in vigore, prevista il 1° gennaio 2020, o almeno di limitarla in caso di processi troppo lunghi. Sulle intercettazioni Di Matteo boccia la riforma Orlando, che intendeva limitarne l'uso e la pubblicazione. Riforma che Bonafede aveva più volte rinviato. Anch'essa dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2020.

Prescrizione e intercettazioni saranno sul tavolo del vertice di maggioranza, nei prossimi giorni. Di Matteo dà a Bonafede un assist per irrigidirsi su entrambi i temi. Finora il Pd ha tenuto un profilo basso. Ma a fronte di un irrigidimento, è pronto a fare asse con Italia Viva. E a bloccare anche il resto della riforma.