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di Ciro Marco Musella


elledecor.com, 30 ottobre 2019

 

Come si progetta una prigione nel 2019? C'è posto per loro nelle città? L'architettura può contribuire alla rieducazione? Le domande, e le risposte, di Studio Lan sono tutte in questo progetto. É finalmente stato completato il carcere di Nanterre firmato Lan, che unendo per la prima volta due sistemi di minima detenzione penitenziaria, si afferma come un nuovo postulato nella definizione tipologica del carcere. In un momento storico nel quale il dibattito sulle forme penitenziarie è quanto mai attuale, sono numerosi i tentativi di riportare lo scopo del carcere alla rieducazione del detenuto e non sulla detenzione passiva, postulato assunto dalla cultura illuminista e sancito dalle Costituzioni occidentali.

Il mondo delle Arti è sempre più motivato nell'avvicinare i carcerati alla società civile e la stessa architettura si è lungamente interrogata sulla definizione del tipo architettonico per le carceri. Indubbiamente però, il distanziamento dell'istituzione carceraria non è un fatto recente: le prigioni sono oggetti non urbani anche se costruite nel tessuto della città: se già nel progetto della città ideale immaginato da Ledoux non c'era posto per la prigione, quando queste sono collocate all'interno delle città ne risultano completamente distanziate ed isolate dalle invalicabili mura che le cingono.

É in questo contesto che la prigione di Nanterre diventa è una vera e propria dichiarazione politica assunta dallo studio Lan. Il progetto si pone innanzitutto come risoluzione urbana e, insediato nel quartiere di Chemin-de-l'Île dove in modo eterogeneo si trovano condomini, case singole ed architetture industriali, i progettisti hanno compiuto una scelta di un lessico inusuale: una facciata e non più una parete e uno spazio di transizione flessibile tra interno ed esterno. La specificità del progetto è inoltre nel riunire al suo interno due programmi: il Spip, servizio di integrazione in libertà vigilata, assicura il monitoraggio delle persone poste in sorveglianza, mentre il Csl, il sistema di semi-libertà permettendo al detenuto di uscire dall'edificio per svolgere delle mansioni utili al suo reinserimento nella società.

Non è un caso se un progetto di una tale rilevanza sia stato vinto da uno studio che ha fatto delle architetture-manifesto il suo caposaldo. Lo studio Lan, il cui acronimo indica Local Architecture Network, è stato fondato a Parigi nel 2002 dal francese Benoît Jallon e dall'italiano Umberto Napolitano, e dal suo esordio si è distinto per le accurate risposte nella definizione di architetture dalla forte identità unitaria. Tra le oltre trenta architetture costruite, vanno indubbiamente ricordate il Centro degli Archivi della Edf, maggiore azienda produttrice e distributrice di energia in Francia, la palestra di Chelles e il grande cantiere per il rinnovo del Grand Palais di Parigi, il cui completamento è previsto per il 2023. Tra le più significative realtà di architettura europee, il duo di architetti, oltre ai numerosi premi ricevuti, ha avuto l'onore di essere insignito come Cavaliere dell'Ordine delle Arti e delle Lettere, una delle più alte onorificenze istituzionali francesi.

Nel caso di Nanterre quindi, un volume con un impianto ad L si racconta volutamente a chi lo osserva, presentandosi come un grande parallelepipedo le cui mura vengono abdicate per la scelta di una massiccia facciata in corten, interrotta da una sola grande apertura che diventa una vera e propria finestra da e sulla città. La compenetrazione dei due sistemi penitenziari si realizza con la definizione del lato lungo dell'isolato e del fronte costruito, dedicato al Spip, mentre il lato corto è destinato al Csl, che si articola anche nelle stecche interne alla corte. L'organizzazione delle diverse aree del carcere è controllata da un punto di accesso protetto che, sulla scorta delle lezioni del Panopticon di Jeremy Bentham, permette una vista diretta sul cortile. L'edificio, che si sviluppa su quattro piani, ospiterà a breve i 92 dipendenti nelle 89 celle. Quest'ultime, di 12 mq ciascuna, restano delle tipiche celle con porte blindate e barriere alle finestre. Nessuna delle finestre affaccia sull'esterno, così come tutte le aree destinate alle attività. Infatti la biblioteca, la palestra, il refettorio, e tutte le altre attività, affacciano unicamente sul cortile interno, adibito a campo di basket, i cui colori ricordano inevitabilmente quello nel quartiere di Pigalle a Parigi.