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di Vittorio Feltri


Libero, 25 ottobre 2019

 

Molti giornali hanno ferocemente criticato la Corte costituzionale perché ha accolto le obiezioni dell'Europa contro il cosiddetto ergastolo ostativo. In sostanza i giudici della Consulta sostengono che anche i mafiosi e i terroristi, dopo aver scontato un cospicuo numero di anni in galera per reati gravissimi, debbano godere dello stesso regime premiale riservato a detenuti comuni. Il che consiste in pochi privilegi, per esempio giorni di vacanza fuori dalla prigione e riduzioni di pena finalizzate ad abolire la morte civile.

Provvedimenti saggi e in sintonia con i princìpi sanciti dalla Carta. Dove è allora il problema? Secondo vari commentatori abituati ad applicare alla giustizia il criterio di un tanto al chilo, i condannati per reati mafiosi devono restare in gattabuia vita natural durante e trattati a calci nel culo come se non fossero esseri umani. Costoro meritano di subire leggi speciali in contrasto col concetto che tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge.

Mentre un detenuto per reato di sangue, che magari ha ucciso moglie e figli, merita di uscire di cella alcuni dì, nonostante il succitato ergastolo, chi invece si è macchiato di un crimine di mafia è costretto a marcire dietro le sbarre per sempre. Perfino un idiota capisce che è sbagliato dividere i delinquenti tra gente di serie A e gente di serie B. I carcerati non sono diversi l'uno dall'altro, ed è necessario siano valutati alla stessa stregua. Considerare gli appartenenti alla onorata società esseri inferiori e meritevoli di torture sistematiche è qualcosa di vergognoso che contrasta con lo spirito costituzionale.

È vero che una condanna è una punizione, ma è altrettanto vero che essa deve puntare alla riabilitazione del recluso. Pertanto nessuno di quelli che sono dietro le sbarre può essere massacrato bensì posto in condizione di riabilitarsi. Mafioso o criminale comune che sia. Altrimenti la giustizia non è più tale, ma diventa una forma di vendetta sociale che non si concilia con la esigenza di recuperare gli uomini e le donne che hanno sbagliato.