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di Fulvio Fiano

 

Corriere della Sera, 24 ottobre 2019

 

L'ex procuratore capo a Palermo contrario all'ipotesi di un'apertura perché "metterebbe i peggiori mafiosi in condizione di riprendere le armi".

 

Gian Carlo Caselli, ex procuratore capo a Palermo, si è detto contrario all'ipotesi di un'apertura nell'ergastolo ostativo perché "significherebbe mettere i peggiori mafiosi in condizione di riprendere le armi". È davvero così alto il rischio?

"Più che altro vedo il rischio che i mafiosi riprendano, ordinandole e controllandole, le tipiche attività dell'organizzazione. Con il supporto, quando necessario, della violenza, armi comprese. Non si può dimenticare un dato incontestabile: il giuramento di fedeltà perpetua che prestano e l'adesione al codice d'onore che non si può tradire fino alla morte. Questo non significa ragionare in termini vendicativi, ma prevedere che per gli irriducibili potrebbero aprirsi spazi di libertà male usati".

 

La decisione di oggi riguarda solo la possibilità di ottenere permessi premio, valutando caso per caso...

"È vero, occorre sempre una valutazione del giudice. Ma se non interviene il dato univoco del pentimento il giudice non ha nessun segno concreto che gli permetta di valutare l'effettivo distacco dal clan. Solo Alice nel paese delle meraviglie può affidarsi alla buona condotta come parametro, perché per il mafioso doc questo è un obbligo sancito dal loro codice".

 

Il dibattito in queste settimane ruota molto anche sul rispetto di quanto proponeva Falcone. In che cosa ci sarebbe un tradimento delle sue idee?

"Non ho mai partecipato al gioco macabro del tavolino spiritico per evocare le sue presunte opinioni. Dico solo che il 41 bis è stato approvato subito dopo le stragi del '92 ed è letteralmente intriso del sangue di Falcone e Borsellino e della loro conoscenza approfondita della mafia. Non fu una decisione viziata dall'emozione del momento, come sento dire, ma la risposta seria ad un attacco subito con cui lo Stato rialzò la testa".

 

Chi ha accolto con favore la decisione parla di "Costituzione che finalmente si applica anche ai mafiosi". Dov'è il dato negativo?

"Certo, la pena deve tendere alla rieducazione del condannato. Ma attenzione: occorre che questo mostri in concreto di voler essere reinserito. La Costituzione non è un oggetto da usare quando fa comodo. I suoi valori fondamentali vanno rispettati sempre. I mafiosi non ne accettano nemmeno mezza virgola, perché dimenticarlo?".

 

Le Procure perdono un'arma contro la mafia?

"I segnali hanno grandissima importanza in questa battaglia. Dopo le stragi, col 41bis che si innestava sulla legge per i collaboratori di giustizia, molti mafiosi in isolamento entrarono in crisi e si pentirono. Cosa Nostra crollò anche per questo. Poi i mafiosi, capita l'aria che tirava, hanno intrapreso la tattica del figliol prodigo con gli aiuti a chi minacciava di pentirsi. Se l'ergastolo ostativo viene meno, l'aria cambia e può essere un indebolimento".