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di Gigi Di Fiore

 

Il Mattino, 22 ottobre 2019

 

Avvocato penalista, Vincenzo Maiello è professore ordinario di diritto penale all'Università Federico II di Napoli e consulente della commissione parlamentare antimafia.

 

Professore Maiello, qual è il suo pensiero sulla questione che oggi deciderà la Corte costituzionale?

"Voglio partire dal delineare il tipo di questione giuridica che sarà decisa. Siamo nell'ambito dei benefici penitenziari, legati ad un soggetto condannato per un omicidio all'ergastolo, ma non affiliato a un'organizzazione mafiosa".

 

Non si tratta di persona condannata per 416bis?

"No, l'omicidio in concorso, al centro della pena, riguarda una persona cui è stato contestato il favoreggiamento all'associazione mafiosa, il famoso articolo 7, ma non l'inserimento organico".

 

È la prima volta che la Consulta affronta il tema dell'ergastolo e delle condizioni carcerarie di soggetti condannati per reati in qualche modo legati ad un'organizzazione mafiosa?

"No, ci sono state due sentenze precedenti, una del 2013 e l'altra nel 2015. Hanno affrontato il tema, sempre legato a soggetti non affiliati ma indagati per favoreggiamento all'organizzazione, della possibilità che a loro potesse essere applicata la custodia preventiva domiciliare e non necessariamente quella in carcere. La conclusione è stata, in questi casi, per il non automatismo della detenzione in carcere".

 

Una differenziazione che si trova al centro anche nel nuovo ricorso alla Consulta?

"In un certo senso sì. La Consulta entrerà nel merito delle finalità rieducative della pena previste dalla Costituzione. Non c'è alcun esame diretto della questione dell'ergastolo ostativo, su cui si è espressa la corte di Strasburgo, ma si valuta la possibilità, per i condannati all'ergastolo con favoreggiamento all'organizzazione mafiosa, di accedere a permessi premio".

 

La decisione della Grande Camera di Strasburgo affrontava un'altra questione?

"Sì, quella decisione ha invitato l'Italia a rivedere il sistema dell'ergastolo ostativo, per cui un condannato per mafia non può uscire dal carcere prima come per altri tipi di reati, se non diventa collaboratore di giustizia. Mi sento di condividere quella decisione, che riporta al giudice di sorveglianza il potere di decidere caso per caso, se il detenuto si è ravveduto con un percorso educativo".

 

Un richiamo alla funzione rieducativa della pena?

"Certo, una funzione riconosciuta dalla nostra Costituzione. D'altro canto, le tipologie di condannati per mafia sono varie e andrebbero valutate singolarmente. Già nelle due sentenze della Consulta che ho ricordato si faceva differenza tra chi viene condannato per l'articolo 7 e chi per concorso esterno rispetto agli affiliati diretti che scontano una pena per 416bis".