sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Gabriella Imperatori


Corriere di Verona, 13 ottobre 2019

 

Dalla conferma da parte della Corte Europea per i Diritti Umani della condanna all'Italia per il persistere dell'ergastolo ostativo, il dibattito si è fatto più polemico e incandescente. L'ergastolo è di per sé una condanna che alcuni paragonano a una prolungata pena di morte, ma quello ostativo (che "osta", cioè si oppone a qualsiasi modifica) è molto degradante, perché vìola la dignità della persona, sia pur rea de terribili delitti come quelli di mafia e terrorismo, e potrebbe essere considerato incostituzionale (su questo si esprimerà la Consulta), perché il carcere ha lo scopo di una possibile redenzione del colpevole e non solo quello afflittivo.

Di fatto, chi è condannato a questo tipo di ergastolo, nato come misura eccezionale dopo le grandi stragi mafiose ma divenuto permanente, non può usufruire di alcun beneficio penitenziario (permessi, semilibertà, affidamento ai servizi sociali...).

È invece murato vivo, col destino di essere per sempre una sorta di bestia chiusa in gabbia, a "marcire in cella", come auspicano alcuni nostri politici e i loro seguaci. Anche se fosse vittima di un errore giudiziario e perciò si dichiarasse innocente. È possibile? Magari raro, ma possibile sì, com'è stato possibile, in America, che siano stati condannati alla pena capitale Sacco e Vanzetti, e non solo loro.

È comunque importante sentire le vive voci dei condannati. Nel Veneto, il "Due Palazzi" è considerato un carcere modello, dove si cerca di redimere i detenuti attraverso lo studio, il lavoro, la semilibertà. Esempi ce ne sono tanti, e chi ha frequentato degli eventi in questa prigione ha potuto constatare l'abilità culinaria degli apprendisti pasticcieri, i risultati scolastici di chi ha conseguito diplomi o lauree, la collaborazione alla rivista "Ristretti orizzonti" che permette di far conoscere la vita carceraria e di esprimersi. Però ci sono eccezioni, specie per gli ergastolani che sono circa 70, di cui una decina gli ostativi.

Fra questi Carmelo Musumeci, da vent'anni dietro le sbarre per gravissimi delitti, ma che nel frattempo s'è laureato in Giurisprudenza e ha scritto libri fra cui un racconto per bambini prefato da Margherita Hack. Ora, dopo la permanenza in altre carceri fra cui l'Asinara, s'è fatto promotore di un referendum per abolire l'ergastolo, cioè "la pena di morte viva" come recita il titolo della sua tesi di laurea, dopo aver scritto all'allora presidente Napolitano una lettera in cui chiedeva provocatoriamente di commutargli l'ergastolo in pena di morte.

Ma quando i giornalisti del "Fatto" sono arrivati a incontrare i detenuti, gli fu negato di scendere fra loro, per punizione, essendosi ribellato a una misura del Dap (Dipartimento di amministrazione penitenziaria). Altri detenuti hanno rivelato di soffrire di autolesionismo, o sentono di star perdendo la ragione. Eppure la magistratura è divisa fra chi dichiara incostituzionale l'ergastolo ostativo e chi vuole mantenerlo, per evitare il rischio che i capimafia ergastolani conservino il potere di comando dietro le sbarre, e affermando inoltre che senza l'ergastolo ostativo con ci sarebbero stati progressi nella lotta alle mafie. E anche questo può essere vero.

Sappiamo peraltro che la pena può essere ridotta a chi collabora con la giustizia. Ma c'è chi rifiuta, e occorre chiedersi il perché. Ebbene, può farlo perché non pentito, per non tradire o per rendere immortale la mafia, per paura di terribili ritorsioni sui familiari. In ogni caso, senza spingersi agli eccessi di Paesi che come la Norvegia puniscono con pene inadeguate anche i colpevoli di strage, non si dovrebbe mai arrivare a forme di grande o piccolo sadismo, come quello raccontato da un detenuto a cui era stato rifiutato un libro richiesto ("Il nome della rosa"). Avrà avuto in compenso il permesso di leggere Topolino.