sito

storico

Archivio storico

                   5permille

   

di Riccardo Arena


La Stampa, 9 ottobre 2019

 

La sorella del giudice ucciso nella strage di Capaci lancia l'appello a tutta la politica: "Pericoloso equiparare gli ergastolani mafiosi agli altri condannati al carcere a vita". La sorella del giudice ucciso con la moglie e la scorta nel 1992 a Capaci, prima da insegnante e ora come anima della fondazione intitolata a Giovanni Falcone, è un simbolo della lotta a Cosa nostra.

 

Maria Falcone, torneranno in circolazione anche gli assassini di suo fratello?

"Non posso nascondere la mia preoccupazione. Sinceramente non me lo auguro".

 

È una norma di civiltà, come dicono associazioni e avvocati che hanno propugnato queste decisioni della Corte europea?

"Bisogna contestualizzare. Le norme dell'ordinamento italiano ora messe in discussione furono introdotte dopo le stragi di Capaci e Via D'Amelio, un momento tragico per un Paese che ha dovuto fare i conti con una criminalità organizzata che ha caratteristiche di unicità rispetto alle organizzazioni criminali estere. In nessun altro Stato d'Europa tanti uomini delle istituzioni hanno pagato con la vita l'impegno contro le mafie e noi, in Sicilia e non solo, abbiamo vissuto anni di vera e propria guerra".

 

Niente ergastolo ostativo, nemmeno per i responsabili di gravi crimini che non abbiano mai nemmeno accennato una collaborazione con la giustizia, un'ammissione, nulla...

"Significa vanificare la ratio, la finalità della nostra legge. L'automatismo previsto dall'ergastolo ostativo, il subordinare la concessione dei benefici solo a chi recide i legami con i clan e dà un contributo reale al lavoro degli inquirenti, deriva dalla natura peculiare della criminalità organizzata, una particolarità che abbiamo imparato a conoscere in anni di violenze".

 

Da Cosa nostra si esce solo da morti. È una delle "regole" che rendono le mafie così uniche e pericolose...

"L'ergastolo ostativo, come tutta la normativa premiale per i cosiddetti pentiti, sono serviti a scardinare un'organizzazione che si era considerata granitica e contro la quale si può agire solo attraverso conoscenze "dall'interno". Per questo il legislatore ha dato una chance a chi passa dalla parte dello Stato".

 

Ora questa chance la si vuol dare a tutti...

"Io dico che va garantita a chi accetta, anche se tardivamente, le regole dello Stato, e in questo caso è doverosa. E giustificata invece la differenza di trattamento nei confronti di chi ha scelto di rimanere fedele al giuramento prestato all'anti-Stato, per diventare uomo d'onore".

 

La parola passa al legislatore italiano, che dovrà adeguarsi alle indicazioni della Corte. Cosa si sente di dire a chi dovrà fare questa legge?

"Alla politica tutta rivolgo un appello, perché si trovi una soluzione che non vanifichi anni di lotta alla mafia e che sappia contemperare i diritti con la sicurezza dei cittadini. Un automatismo al contrario, che passi attraverso una equiparazione degli ergastolani mafiosi agli altri condannati al carcere avita, sarebbe pericoloso".

 

Prossimo step, il 41bis?

"È altrettanto pericoloso concedere premialità che possano vanificare gli effetti del carcere duro, altra misura nata dopo le stragi del '92, che ha consentito di spezzare i legami tra boss detenuti e clan. Far accedere i mafiosi che scontano l'ergastolo al 41bis ai benefici carcerari significherebbe azzerare anni di lotta alla mafia, nonostante anche grazie alla recisione di quel perverso contatto tra il mafioso e il suo mondo, a Cosa nostra si siano inferti duri colpi".