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di Giancarlo Guarino


lindro.it, 7 ottobre 2019

 

Dice Di Maio che ora se quella Corte di incompetenti decide contro l'ergastolo ostativo, decine di criminali incalliti, in particolare mafiosi, gireranno liberi per le strade italiane (e forse non solo!) a commettere reati tremendi che più tremendi non si può.

Colpisce, come sempre, in questi nostri politici, quello che loro stessi chiamerebbero - dato che parlano più l'inglese dell'italiano - understatement. Per rassicurare gli italiani, che già non hanno abbastanza problemi a cominciare da Renzi che spara addosso al proprio Governo un giorno sì e l'altro pure, si parla appunto di delinquenti incalliti in giro liberi per l'Italia.

Cerco di spiegare in poche e, spero, semplici, parole. Da tempo (non è nemmeno colpa di Salvini e perfino nemmeno di Di Maio, ma solo della ignobile assurdità della nostra politica) vige in Italia un "istituto giuridico" che farebbe rivoltare nella tomba il povero Cesare Beccaria, e che fa venire a me, e non solo a me, i brividi nella schiena.

La norma è semplice e chiara: se sei un delinquente passibile del cosiddetto 41bis (cioè di un regime carcerario particolarmente rigido (e già su ciò io avrei più di un dubbio, ma tant'è!) e non collabori, cioè se non denunci altri e roba simile, non potrai avere, mai e in nessun caso, né le agevolazioni che tutti i detenuti possono avere, né sconti di pena che i detenuti "collaborativi", sia pure al 41bis, possono avere.

Questa disposizione, rientra in quella categoria di disposizioni che in dottrina (cito ad esempio lo splendido libro di Ennio Amodio, uscito da poco) vanno (ormai si arriva anche a questo) sotto il nome di diritto penale vendicativo. Insomma quella cosa contro la quale si è battuto Beccaria, insegnando al mondo intero quei principi, che sono quelli di elementare umanità ma anche logica: la pena serve a redimere, a tutti i costi bisogna che sia così, non serve solo a punire, cioè a vendicarsi. Insomma, l'idea per cui un delinquente debba 'marcirè in galera è l'esatto opposto di un sistema giuridico-penale civile.

Certo, ci sono (pochi) ordinamenti in cui c'è la pena di morte, che certo riabilitativa non è, ma noi in Italia e in Europa, di queste cose, per fortuna abbiamo perso la memoria: dovremmo vantarcene. Anche quella "corrente" di pensiero giuridico penalistico, che qualche anno fa andava sotto il nome di diritto penale del nemico, è ormai caduta nell'oblio.

In questo caso, per di più, il risultato non è soltanto che lo Stato si "vendica", ma è che lo Stato fa... il delinquente: ricatta, sì, proprio così, ricatta il delinquente, magari un mafioso, dicendogli, badate bene che questo è il punto, non "ti do una pena minore se mi aiuti ad arrestare altri", ma "ti allevio la pena (che già ti ho data) se mi aiuti a trovare altri delinquenti del tuo stampo".

La cosa non è nuova, e infatti è per questo che il grande giurista di cui sopra emette alti lai di timore, non è nuova perché la Corte europea se ne è occupata molte volte, e da ultimo nel caso Viola, e ha condannato l'Italia per... tortura.

Eh sì, tortura, attenti, tortura non perché (come in altri casi dei quali dovremmo comunque vergognarci) i detenuti sono tenuti in celle piccole, umide, sporche, in condizioni inumane, ma perché il condannato è, come dicevo, ricattato e messo in una condizione di disparità rispetto ad altri condannati, magari per crimini molto maggiori, ma che "collaborano" con la Giustizia.

Nel caso Viola, infatti, la Corte europea, lo fa notare molto chiaramente, quando ricorda che la non collaborazione può derivare anche da fatti molto seri di pericolo maggiore, e quindi non solo per la fedeltà alla mafia, per esempio. Pensate ai casi in cui il detenuto sa che se "parla" la sua famiglia potrebbe essere sterminata.

Voi, parliamoci chiaramente, voi che fareste? Ho citato solo un'ipotesi, ma possono esservene altre e non è giusto, cioè non è equo, che una persona, certamente delinquente disgustoso, sia messo nella condizione di non poter ottenere dei vantaggi, magari minimi, che invece altri possono ottenere, pur avendo commesso delitti più gravi del suo.

Non so cosa deciderà la Corte europea nella attesa sentenza definitiva, ma certo che la sentenza Viola andrebbe letta, perché è un piccolo manuale di civiltà e di civiltà giuridica. Non lo dirò mai abbastanza: le pene devono essere certe e certamente scontate, ma la dignità delle persone va sempre e comunque difesa e preservata e, come si dice, "la legge è uguale per tutti".