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di Gianni Barbacetto


Il Fatto Quotidiano, 6 ottobre 2019

 

Domani i giudici di Strasburgo possono "condannare" il carcere a vita senza permessi per mafiosi e terroristi. Ma il fronte abolizionista guarda già oltre. È allarmato, il procuratore nazionale antimafia: "La nostra attuale legislazione sulla criminalità organizzata ha avuto risultati positivi e ha consentitole collaborazioni di giustizia", dichiara Federico Cafiero De Raho.

"Nel momento in cui dovesse venir meno, se l'ergastolo si trasformasse in una pena diversa, è certo che tutti i risultati positivi fino a ora conseguiti non si avrebbero più". Il problema è il cosiddetto "ergastolo ostativo", cioè quello regolato dall'articolo 4bis dell'ordinamento penitenziario, che esclude dai benefici (lavoro fuori dal carcere, permessi premio, misure alternative alla detenzione) i condannati per reati di mafia e terrorismo, ma anche di traffico di droga, pedopornografia e prostituzione minorile, che non diano segnali di aver rotto davvero con l'ambiente criminale collaborando con la giustizia.

Sono, al momento, 957. Tra domani e martedì, un'articolazione della Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu) deciderà sul ricorso che l'Italia ha presentato contro una sentenza Cedu del 13 giugno 2019. Quel giorno la Corte ha dato ragione, a maggioranza, al boss mafioso Marcello Viola e condannato l'Italia, ritenendo che l'ergastolo "ostativo" sia contrario all'articolo 3 della Convenzione europea per i diritti umani che vieta la tortura, i trattamenti e le punizioni inumane e degradanti. La sentenza mette in discussione che la collaborazione con la giustizia sia un indice efficace di avvenuto ravvedimento del detenuto: secondo i giudici, "l'equivalenza tra l'assenza di collaborazione e la presunzione assoluta di pericolosità sociale finisce per non corrispondere al reale percorso rieducativo".

Lo Stato italiano ha fatto ricorso contro la sentenza Viola e domani o dopo un collegio di cinque giudici deciderà se è ammissibile. In questo caso, a pronunciarsi sarà, entro qualche mese, la Grande Camera, giudice di ultima istanza della Corte europea. Se la decisione finale dovesse essere contraria al cosiddetto "ergastolo ostativo", l'Italia dovrà risarcire il danno ai singoli ergastolani esclusi dai benefici penitenziari che ne faranno richiesta.

Già altri 12 condannati hanno depositato il loro ricorso, simile a quello di Viola, davanti alla Corte europea. Ma, più in generale, l'Italia sarà sollecitata - non obbligata - a modificare le sue leggi e a non considerare più la collaborazione con la giustizia condizione necessaria per i benefici carcerari. Anche i boss più irriducibili potrebbero così ottenerli.

A questo si oppone il procuratore antimafia: "Per valutare l'esigenza di mantenere l'ergastolo nei confronti dei mafiosi e dei terroristi", spiega, "bisogna rivivere quella che è stata la nostra storia e i meccanismi di funzionamento delle organizzazioni mafiose. Chi è mafioso non smette mai di esserlo e la sua pericolosità va calibrata rispetto ai ruoli che ha avuto".

Cafiero De Raho considera l'attuale disciplina italiana sull'ergastolo "un deterrente affinché i mafiosi possano ritornare sul territorio e operare anche dopo stragi e omicidi", ma anche "l'unico strumento attraverso cui spingere alcuni mafiosi a trovare una condotta di vita diversa. Le collaborazioni spesso hanno trovato origine in condanne all'ergastolo: modificare questa disposizione finirebbe per affievolire l'esigenza degli stessi mafiosi di rinnegare l'ambiente di provenienza".

Durissima anche la Commissione parlamentare antimafia: "La Corte europea deve dichiarare da che parte sta nella lotta alla mafia. Siamo veramente perplessi di fronte alla possibilità che piuttosto di ragionare di una legislazione europea, efficace e severa, che non conceda tregua ai mafiosi, gli stessi abbiano la concreta possibilità di fare causa allo Stato. L'Italia ha una delle migliori e più efficaci legislazioni nel contrasto alla criminalità organizzata e l'Europa non può che apprendere da noi".

Sulla questione sono intervenuti Alfonso Bonafede e Luigi Di Maio: "L'ergastolo ostativo - ribadisce il ministro della Giustizia - rappresenta un caposaldo della lotta alla mafia e al terrorismo. "Ne va della sicurezza di tutta l'Europa", ha scritto su Facebook il ministro degli Esteri e leader M5S. A pronunciarsi su questa materia sarà anche la Corte costituzionale italiana, il 22 ottobre: il caso è stato posto a proposito di un condannato per associazione mafiosa, Sebastiano Cannizzaro, e la Corte dovrà decidere se sia incostituzionale la carcerazione che esclude i permessi premio e dunque la possibilità di uscire.

L'associazione Nessuno tocchi Caino, che si batte contro "l'ergastolo ostativo", ha intanto promosso un ricorso collettivo sottoscritto da oltre 250 condannati con "Fine Pena Mai" - primo firmatario: Claudio Conte - e l'ha presentato al Comitato diritti umani delle Nazioni Unite.

"Il Comitato Onu non emette sentenze vincolanti dal punto di vista giuridico" - spiega l'avvocato Andrea Saccucci - "ma il nostro ricorso dovrà essere preso sul serio perché l'articolo 117 della Costituzione impegna l'Italia a conformare la sua legislazione alle disposizioni internazionali".