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di Enrico Bucci

 

Il Foglio, 26 settembre 2019

 

"Sì all'autonomia e indipendenza del magistrato, ma non si può dare l'idea di impunità". Parla Antonio Leone. "Ormai in questa nostra povera patria può accadere di tutto: anche che un magistrato accusi il proprio organo di autogoverno, presieduto dal capo dello stato, di usare "metodi mafiosi" nella gestione delle nomine, dimenticando di aver fatto parte di correnti e associazioni fino all'altro ieri. Se tale accostamento lo avesse fatto un normale cittadino cosa sarebbe successo? Nel recente passato si è ipotizzato il vilipendio. E non potrebbe configurarsi l'ipotesi di colpa disciplinare?".

Intervistato dal Foglio, Antonio Leone (ex vicepresidente vicario della Camera ed ex membro laico del Csm, oggi a capo del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria) non va per il sottile nel commentare le parole del pm antimafia Nino Di Matteo sui "metodi mafiosi" che sarebbero utilizzati dalle correnti nel Csm. Un paragone spropositato che ha fatto storcere il naso a molte toghe, provenendo da un collega in campagna elettorale per le suppletive del Csm e che ha ricoperto incarichi associativi, come la presidenza dell'Anm palermitana.

Al di là delle ipocrisie, Leone riconosce che lo scandalo sulle nomine pilotate, con gli incontri notturni tra membri del Csm e politici, ha contribuito ad aggravare la crisi di legittimazione della magistratura: "È innegabile che tali fatti, oltre ad aver scoperto l'acqua calda, abbiano compromesso, più di quanto già non lo fosse, l'immagine della magistratura. Vale però la pena ricordare che le condotte contestate all'ex presidente dell'Anm Luca Palamara erano note già da un anno. In un articolo del Fatto quotidiano di settembre 2018, dal titolo "Fascicolo a Perugia che imbarazza il leader di Unicost", venne riportata tutta la vicenda extra Csm che lo interessava: ma non mi sembra che allora abbia avuto grande attenzione e tanto meno mi sembra d'aver sentito parlare di fughe di notizie, di rivelazioni di segreto d'ufficio o altro". "La delegittimazione del Csm - prosegue Leone - è partita da qualche tempo dall'interno stesso della magistratura, così come accaduto per la politica".

Si è appreso ieri che il ministro Lorenzo Fioramonti avrebbe chiamato Vandana Shiva, icona globale di un certo ambientalismo cialtrone, come consulente in un "consiglio scientifico sullo sviluppo sostenibile". Il nostro paese non è nuovo ad assegnare funzioni di prestigio alla Shiva, amica di Carlo Petrini: si ricorda per esempio la consulenza a lei concessa nel 2015, in occasione dell'Expo di Milano. Malgrado si conoscano le numerosissime bugie della pseudo-scienziata, che da taluni è non a caso malignamente soprannominata "Panzana Shiva". Ecco un piccolo florilegio, un "panzanario" che aiuta a inquadrare il personaggio.

La Shiva ha all'attivo un dottorato in filosofia. Siccome questo titolo è privo di "allure" scientifico e siccome il termine "quantistico" esercita fascino sulle vittime di fuffe di ogni tipo, ecco che si è vantata in una celebre risposta alla rivista Nature di essere un "fisico quantistico". Nei suoi libri ha più volte scritto frasi come "prima di diventare un'attivista, Vandana Shiva è stata uno dei fisici più importanti dell'India". Ancora: come spiegava il professor Dario Bressanini svariati anni fa, la Shiva mentì attribuendo all'introduzione del cotone Ogm Bt il suicidio di centinaia di migliaia di contadini indiani. In realtà, la crescita dei suicidi tra gli agricoltori in India è precedente all'introduzione di quella coltura Ogm. I suicidi, dovuti principalmente alle perdite di raccolti causate da fattori climatici raggiunsero l'apice quando il cotone Bt non era coltivato che marginalmente, mentre quando successivamente i campi coltivati con questo Ogm aumentarono, i suicidi diminuirono. Anche analizzando i trend delle aree più intensamente coltivate a cotone, grazie al report "Accidental deaths and suicides in india-2010", non emerge alcuna correlazione fra aumento del cotone Bt e suicidi. Anzi, si osserverebbe una correlazione inversa. Sempre per demonizzare gli Ogm, la Shiva e altri hanno per anni sostenuto che le piante geneticamente modificate sarebbero sterili, così che per questo motivo ad ogni nuova semina gli agricoltori sarebbero costretti ad acquistare nuovi semi dalle cattivissime industrie sementiere.

Anche questa una bugia: le piante Ogm non sono più sterili di tutte le altre, tanto che gli ambientalisti temono che esse possano incrociarsi con piante spontanee invadendo l'ambiente; ma l'immagine potente dei coltivatori ridotti in catene dalla Monsanto non ha più abbandonato la sfera della comunicazione.

Per supportare poi le sue campagne contro il glifosate, la Shiva ha prodotto per anni grafici che correlavano l'aumentato utilizzo di glifosate a malattie renali, diabete, Alzheimer e all'immancabile autismo; naturalmente, si tratta di correlazioni spurie, buone solo a eccitare gli animi di chi è già prevenuto. La Shiva ha persino sentenziato che non è Xylella a far morire gli ulivi in Puglia, ma la "chimica" dell'homo tecnologicus, raccomandando di abbracciare gli alberi per fermare l'epidemia.

L'elenco potrebbe continuare, includendo le balle raccontate per screditare Norman Borlaug, Nobel e padre della rivoluzione verde - uno che il mondo lo ha sfamato davvero, e non a chiacchiere; ma è più interessante rimarcare un punto fondamentale. Come potrebbe una persona che ha mentito così tante volte essere utile come consulente presso il ministero dell'università e della ricerca scientifica?

L'atto annunziato dal ministro Fioramonti, che ha aderito a suo tempo al Patto per la Scienza, potrebbe avere senso in una sola ed unica ipotesi: che Vandana Shiva, rinunciando a propagandare le sue bugie, si ravvedesse e cominciasse a mediare verso quel mondo ambientalista sensibile al suo richiamo, per recuperarlo a strade più ragionevoli e concordi con le migliori evidenze scientifiche. Concorrendo a una visione eco-modernista, consapevole dei gravi problemi ambientali e dei limiti del nostro modello di sviluppo, ma che non abbia bisogno di costruire un falso passato e dei falsi miti, i quali aggravano, non risolvono, i nostri problemi.