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di Patrizia Maciocchi

 

Il Sole 24 Ore, 26 settembre 2019

 

Corte di cassazione - Sezione I - Sentenza 25 settembre 2019 n. 39353. Non commette reato il destinatario della sanzione accessoria del divieto di emettere assegni, se nel momento in cui ha firmato il titolo bancario, il decreto prefettizio che gli impediva di farlo non era ancora stato emesso.

La Cassazione, 39371, accoglie il ricorso dell'imputato, condannato per il reato che scatta in caso di mancato rispetto della sanzione accessoria (articolo 7 della legge 386/1990). Il ricorrente aveva fatto presente ai giudici di aver firmato l'assegno, senza data e luogo, prima che il decreto fosse effettivo, e lo aveva consegnato al creditore a titolo di garanzia, confidando che questo non lo incassasse completando le parti mancanti.

Ma anche se così non era andata, perché il titolo era stato prontamente "monetizzato", la cassazione esclude che la condotta del ricorrente integrasse il fatto tipico e annulla la sentenza impugnata. La violazione dell'articolo 7 richiede, infatti, espressamente, la trasgressione di un divieto dopo che sia stato adottato e notificato il provvedimento che applica la sanzione accessoria amministrativa. In assenza di questi elementi, che servono a rendere operativo il divieto, "non è possibile individuare, già sul piano strutturale, la lesione del bene giuridico che rende penalmente rilevante la condotta secondo la tipicità del fatto descritto". Per i giudici di legittimità quello che si può riscontrare nel caso esaminato è solo "la ragionevole previsione di un certo succedersi di eventi prescrittivi". Ma non basta per affermare il reato.