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di Alessandra Ziniti


La Repubblica, 17 settembre 2019

 

"Facile fare i sovranisti con le frontiere degli altri". Il neoministro degli Esteri Luigi Di Maio non lascia scivolare come niente fosse l'ingerenza del collega ungherese Peter Szijjarto che ha definito "deplorevole e pericolosa" la decisione del governo italiano di concedere il porto alla Ocean Viking. "L'Ungheria non accetterà alcun tipo di quota e difenderà le sue frontiere con tutti i mezzi", l'annuncio secco di Szijjarto.

Parole davanti alle quali Di Maio ribadisce la posizione dell'Italia nel negoziato europeo sulla ripartizione dei migranti: "L'Italia da anni vive un'emergenza causata anche e soprattutto dall'indifferenza di alcuni partner europei come l'Ungheria. Chi non accetta le quote deve essere sanzionato duramente".

Il braccio di ferro è solo all'inizio anche perché sul tavolo si impone spinosa la questione degli accordi con la Libia. A conferma dello sconcertante rapporto dell'Onu che solo qualche giorno fa a Vienna ha denunciato il criminale ruolo della polizia libica nel riconsegnare e vendere i migranti ai trafficanti, è arrivata l'inchiesta della squadra mobile e della Procura di Agrigento, poi diventata di competenza della Dda di Palermo per la gravità dei reati, a cominciare da quello di tortura per la prima volta contestato in Italia. Un'inchiesta che, per la prima volta, ha acceso i riflettori su un centro di detenzione ufficiale dove per altro ha accesso anche l'Oim e dove la polizia libica porta i migranti consegnandoli nelle mani dei trafficanti aguzzini alimentando il business criminale a suon di torture, stupri, violenze, ricatti, estorsioni.

Imbarazzante è dir poco visto il sostegno finanziario e di formazione che l'Italia e l'Europa continuano ad assicurare alla Libia. Il centro di detenzione-lager è quello nell'ex base militare di Zawija, una fortezza recintata da alte mura a poche decine di metri dalla spiaggia. È il "porto sicuro" che la Libia aveva offerto pochi giorni fa alla Ocean Viking per sbarcare gli 84 migranti soccorsi nel Mediterraneo.

In quell'inferno per mesi hanno svolto con estrema crudeltà il loro lavoro di torturatori i due egiziani e il guineano fermati ieri nell'hot-spot di Messina dove erano arrivati alcuni mesi fa come migranti. A riconoscerli sono stati quattro delle loro vittime approdati poi in Italia a luglio con il veliero Alex di Mediterranea. "Due poliziotti in uniforme ci hanno venduto a Ossama (il capo dei trafficanti). Ci hanno portato in quella ex base militare, eravamo circa 900 persone, anche bambini. Ci davano da mangiare solo pane e da bere acqua di mare.

Un migrante accanto a me è morto di fame, le donne venivano portate via dai carcerieri per essere violentate. Da questa prigione si esce solo pagando", la testimonianza di Yussif Muftaa, rinchiuso lì con la moglie. E poi omicidi a sangue freddo, frustate, torture con scariche elettriche, mazze e bastoni. È la realtà che aspetta anche i migranti che vengono soccorsi dalla Guardia costiera libica e riportati indietro. Dice il procuratore di Agrigento Luigi Patronaggio: "Sono crimini contro l'umanità, è necessario agire a livello internazionale".