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di Damiano Aliprandi


Il Dubbio, 31 agosto 2019

 

È stato ritrovato impiccato in cella. Era recluso in isolamento, dove aveva chiesto di essere trasferito, ma nonostante avesse avuto in dotazioni lenzuola di carta è riuscito nel suo intento. Continuano i suicidi di persone sottoposte a isolamento. Ieri mattina, un detenuto tunisino di 37 anni è stato trovato impiccato in una cella di isolamento della Casa circondariale Capanne di Perugia, in Umbria.

A darne per prima la tragica notizia e ricostruire l'accaduto è Fabrizio Bonino, segretario nazionale per l'Umbria del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria Sappe: "L'uomo si è suicidato in una cella dove era isolato per motivi disciplinari. Nordafricano, 37 anni, fino a mezz'ora prima aveva parlato con l'agente di servizio ma nel successivo giro di controllo è stato ritrovato impiccato alle sbarre della finestra. L'uomo è stato prontamente soccorso dal personale di polizia penitenziaria e tempestivamente sono intervenuti il medico che hanno provato più volte a rianimarlo ma non c'era più nulla da fare".

Il tunisino è stato arrestato ad aprile per tentata rapina con fine pena nel 2020. Secondo però la ricostruzione esatta degli eventi, risulta che in realtà aveva chiesto lui, il giorno prima del tragico evento, di essere trasferito nella sezione circondariale all'isolamento. Per questo motivo lo avevano messo nella stanza 5, quella riservata ai nuovi giunti. Si apprende che gli hanno fornito solo lenzuola di carta, ma nonostante ciò si è impiccato. Altri dettagli, per ora, non si conoscono.

Siamo così giunti a 32 suicidi dall'inizio dell'anno su un totale di 84 decessi che sono avvenuti nelle patrie galere. Senza contare i numerosi casi di tentato suicidio come la una detenuta di 40 anni al carcere di Avellino che quattro giorni fa è stata ricoverata d'urgenza al pronto soccorso dell'ospedale Moscati. Avrebbe digerito un cocktail di farmaci per tentare di ammazzarsi. O ancora, una settimana prima, al 41 bis del carcere de L'Aquila un detenuto calabrese, salvato in extremis, che ha tentato di impiccarsi.

Ancor prima, all'inizio di agosto, nel carcere di La Spezia, a pochi giorni dal suicidio di un detenuto polacco, si è ripetuto l'episodio con un tentato suicidio da parte di un altro recluso. L'intervento degli agenti della Polizia penitenziaria ha evitato un'altra morte in carcere. Ancora, a metà agosto, nel carcere di Asti, un detenuto ha creato un cappio rudimentale con le lenzuola della cella del reparto di isolamento dove si trovava.

Ma prima dell'ultimo suicidio del tunisino in isolamento al carcere di Perugia, ce ne era stato un altro al carcere di Trieste: iracheno e pure lui era in isolamento. Ritorna spesso l'isolamento, quando si tratta di suicidi o tentati. Il problema dell'isolamento come sanzione disciplinare è stato molto discusso nel passato, soprattutto in merito all'utilizzo delle cosiddette "celle lisce".

Si chiamano così perché dentro non c'è nulla: non ci sono brande né sanitari (i detenuti sono costretti a fare i loro bisogni sul pavimento), né finestre o maniglie, nessun tipo di appiglio. Viene utilizzata per sedare i detenuti che danno in escandescenza, oppure che compiono più volte atti di autolesionismo o tentativi di suicidio. Un rimedio che molto spesso, però, risulta anche deleterio visto i casi di suicidio proprio all'interno di queste celle.

E proprio il tema de l'isolamento in ambito carcerario, come riportato ieri da Il Dubbio, sarà all'attenzione, a Strasburgo, della ventiduesima riunione del Gruppo di lavoro del Consiglio di cooperazione penologico (Pc-cp) del Consiglio d'Europa. Il Pc-cp, composto da esperti in materia penitenziaria (magistrati, direttori di carcere, ecc.) dei vari Stato membri, affronterà per la prima volta questo tema di estrema importanza. Soprattutto per il nostro Paese, dove è concepito ancora l'isolamento diurno per gli ergastolani e quello totale per chi è al 41bis.