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di Liana Milella


La Repubblica, 2 agosto 2019

 

Prescrizione, separazione delle carriere. I punti di divergenza tra Lega e Cinque Stelle sono così rilevanti che il negoziato sul processo penale sembra destinato al fallimento. Alimentando i sospetti dei grillini sulle reali intenzioni del partito di Salvini.

La riforma della giustizia rischia di essere il tormentone dell'estate 2019. Con uno scontro durissimo tra la Lega di Salvini e il partito di Di Maio. Ai limiti di una possibile crisi di governo su questo argomento. Inutilmente, proprio il vicepremier grillino ha cercato di difendere il suo ministro della giustizia Alfonso Bonafede. Ma non è riuscito a salvare la parte più importante della sua riforma, cioè le modifiche al codice di procedura penale. Su questo, da oggi, si apre una difficilissima trattativa tra i due partner del governo gialloverde.

La contrapposizione tra Bonafede e Giulia Bongiorno, alter ego di Salvini sui temi della giustizia, ha visto momenti di fortissima tensione. Bongiorno ha praticamente chiesto a Bonafede di rivedere del tutto il testo della riforma penale. A partire dalla durata del processo complessivo - perché sarebbe troppo lungo, secondo Bongiorno, il termine dei sei anni - alle regole per punire i magistrati che depositano in ritardo gli atti dell'inchieste. Ma, come ha detto lo stesso Bonafede uscendo ieri sera dal Consiglio dei ministri, il sospetto dell'esponente grillino molto vicino a Di Maio e a Conte è che la Lega punti in realtà a bloccare l'entrata in vigore della prescrizione, che dovrebbe partire dal gennaio 2020.

Il sospetto M5S è insomma che la Lega - dopo essersi opposta duramente alla approvazione della prescrizione bloccata dopo il primo grado a settembre dell'anno scorso, e aver imposto l'entrata in vigore soltanto l'anno prossimo, a patto che fosse votata la riforma del processo penale - adesso cerchi in tutti modi di bloccare proprio quella riforma con richieste impossibili, con l'obiettivo recondito di bloccare anche la prescrizione.

Se la trattativa si imposta su queste premesse, non c'è mediazione possibile che tenga, e non si arriverà ad alcun risultato, con il rischio di vedere entrare in vigore soltanto le riforme che riguardano il processo civile e il nuovo sistema di elezione del Csm. Che ancora stamattina il presidente del sindacato dei giudici Luca Poniz ha dichiarato del tutto incostituzionale. Regole peraltro già previste da un disegno di legge dell'allora Guardasigilli Angelino Alfano, scritte dal professore di diritto siciliano Salvatore Mazzamuto, il quale oggi afferma: "Avrebbero potuto anche scrivere che si trattava del mio disegno di legge, così invece sembra un furto bello e buono". Proprio l'obiettivo di bloccare la prescrizione giustifica le richieste considerate "del tutto impossibili", come sostengono i grillini, tra cui quella di far partire la separazione delle carriere.

Anche questo uno storico cavallo di battaglia di Berlusconi e del suo governo. Ma allora lo stesso Berlusconi con Alfano ipotizzavano una riforma costituzionale, l'unica strada possibile per separare le carriere. Perché su questo tema la Costituzione è netta. Parla di un unico ordine dei giudici, quindi se si vogliono separare i pubblici ministeri dalle toghe giudicanti bisogna per forza cambiare la costituzione. Una legge che presuppone i due terzi del Parlamento, il passaggio per tre volte nelle Camere e un referendum finale. Una prospettiva impossibile, con l'attuale legge di Bonafede. Quindi, se le cose stanno così, è chiaro che la lega punta a bloccare definitivamente questa parte della riforma della giustizia.