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di Giovanni Negri


Il Sole 24 Ore, 2 agosto 2019

 

Il ministro da Conte per trovare una soluzione, ma Salvini tiene alta la tensione. La ministra Bongiorno non chiude la porta: non siamo su un binario morto. Alla fine la notte dei lunghi coltelli sulla giustizia, con un consiglio dei ministri conclusosi a notte fonda, senza avere messo punti fermi, ha reso evidente (ma non potevano parlarsi prima?) che il vero nodo da sciogliere è quello penale.

Ieri sera il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede ha avviato un confronto con il premier Conte per arrivare a un'ipotesi di mediazione e lo stesso ministro per la Pa Giulia Bongiorno getta acqua sul fuoco ricordando che la riforma non è su un binario morto. Le distanze però restano forti tra 5 Stelle e Lega. E non da oggi. I grillini sono stati a lungo considerati il partito delle procure, della presunzione di colpevolezza, del garantismo zero; la Lega sembra tuttora sventolare bandiere che, queste si, arrivano da una stagione abbastanza lontana, quella del centrodestra a trazione berlusconiana, di qui l'enfasi su separazione delle carriere e riforma delle intercettazioni.

A farlo notare ieri è stato un malizioso Bonafede, che si è detto "aperto a tutte le proposte, ma non stanno governando con Silvio Berlusconi. Se lo mettessero in testa". E per Bonafede dalla Lega di proposte serie per accelerare la durata dei processi nonne sono arrivate, non in consiglio dei ministri, né la distinzione dei percorsi tra giudici e pubblici ministeri, né la stretta auspicata sulle fughe di notizie lo sono. Accuse che dalla Lega vengono però rispedite al mittente.

"Che c'entra Berlusconi?", ha sottolineato un caustico Salvini, e in un nota si ricorda l'indisponibilità a votare un riforma vuota e inutile, "siamo al lavoro per una reale riduzione dei tempi della giustizia, per un manager nei tribunali, perché ci sia certezza della pena, sanzioni certe per i magistrati che sbagliano o allungano i tempi, i cittadini non possono essere ostaggi di processi infiniti".

Certo l'apertura di un fronte giustizia, da aggiungere agli altri, era nell'aria. E tuttavia, rese evidenti le differenze, ora al lavoro per trovare una quadra ci sono i pontieri dei due schieramenti. Anche perché, constatatala difficoltà di un'intesa sul penale, pare essere invece essere andata più tranquilla, sino ad arrivare a una vera e propria approvazione, la discussione sugli altri due capisaldi della riforma, la riscrittura di una parte del Codice di procedura civile e le modifiche al sistema elettorale e al funzionamento del Csm.

Nel merito, detto che la separazione delle carriere appare più una provocazione che un reale progetto (necessiterebbe di misure di rango costituzionale) e che per rivedere le intercettazioni ci sarà comunque tempo sino a dicembre, i punti per un possibile passo avanti potrebbero essere quelli cristallizzati in un verbale di sintesi del confronto che il ministro della Giustizia avviò con magistrati e avvocati, con una più decisa depenalizzazione sul fronte soprattutto delle contravvenzioni e con un maggiore impulso per i riti alternativi, soprattutto con un maggiore spazio per l'applicazione del patteggiamento.

Misure che, sia pure non dirompenti, contribuirebbero certo a snellire i procedimenti e ad abbreviare la durata. Certo, la situazione è complicata dal fattore prescrizione, destinata, se nulla accade a entrare in vigore il prossimo gennaio. Materia divisiva per eccellenza, alla quale la Lega aveva dato il via libera solo dopo avere avuto rassicurazioni sul piano politico che sarebbero state individuate misure per rendere più rapidi i processi penali. Ora, il sospetto, e lo stesso Bonafede ne ha parlato esplicitamente, è che tutte le riserve messe in campo in queste ore dalla Lega siano funzionali a un affossamento della prescrizione.

Che in ogni caso non appare per nulla facile, anche perché agganciata a quella legge spazza-corrotti che Bonafede considera l'elemento qualificante della sua amministrazione della giustizia. Da una parte quindi una norma la cui entrata in vigore è stata differita, dall'altra una traballante accordo politico perii quale i tempi, anche in caso di accordo tra Lega e 5 Stelle non aiuterebbero. In 4 mesi infatti andrebbero approvati sia la legge delega sia i decreti delegati.