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di Marco Cremonesi


Corriere della Sera, 2 agosto 2019

 

La parola chiave è certezza. Serve una riforma complessiva. "La nostra richiesta, la nostra parola chiave è una sola: certezza". Giulia Bongiorno, il ministro alla Pubblica amministrazione, è stata la protagonista del campale Consiglio dei ministri di mercoledì che doveva varare l'epocale riforma della Giustizia. Indipendente della Lega, è stata l'interlocutrice del ministro pentastellato alla Giustizia Alfonso Bonafede con cui ha trattato in modo serrato punto su punto.

 

Ministro, quali sono i punti più critici della riforma?

"Mi lasci soltanto premettere che quando si parla di riforma della giustizia si affronta qualcosa che tocca tutti noi. Non è un tema che possa essere affrontato alla leggera, la libertà personale è fondamentale. E non è una battaglia di un colore politico. Per quanto mi riguarda è una battaglia su valori che ho accumulato in questi anni calpestando la polvere delle aule di giustizia".

 

La parola chiave "certezza" che cosa riguarda? Le pene?

"Quelle sicuramente ma alla fine del procedimento. La certezza invece deve riguardare tutto: i tempi del processo, l'indipendenza dei magistrati, le garanzie degli imputati, infine le pene. Per questo noi chiediamo una riforma vera, globale, che abbracci tutte le materie. Non possiamo pensare a una riforma che non raggiunga i suoi obiettivi"

 

I 5 Stelle pensano che il vero obiettivo della Lega sia superare la prescrizione prevista dallo Spazza corrotti...

"L'obiettivo della Lega è quello di accelerare i tempi del processo e garantire l'indipendenza della magistratura. Se la proposta fosse stata questa, sarebbe stata approvata in tre minuti. Ma la verità è che io ho sempre detto a Bonafede che nel loro progetto mancavano le soluzioni, che non è effettivamente incisivo. E poi che, appunto, abbiamo bisogno di una riforma complessiva".

 

Su quali altri temi la proposta dei Cinque Stelle non è efficace?

"Noi vogliamo affrontare ogni aspetto del processo, anche la questione delle misure cautelari. Troppo spesso si finisce in carcere prima del processo e non dopo la sentenza definitiva: vogliamo occuparci anche di quelli?". La Lega viene accusata anche di voler limitare le intercettazioni.

 

È falso?

"Ma per piacere... io su questo argomento ho avuto veri e propri scontri con Silvio Berlusconi, ho sempre detto che le intercettazioni sono indispensabili. Non vogliamo né cancellarle e neanche negare il diritto di cronaca. Vogliamo però che si creino degli archivi riservati che chiudano una volta per tutte il mercato dell'intercettazione gossip".

 

E la separazione delle carriere? I Cinque Stelle sostengono che non si possa fare in sede di riforma.

"Noi su questa chiediamo uno stringente impegno politico. C'è già una legge in prima commissione. La questione non è nel contratto di governo ma a noi interessa che la riforma della giustizia sia complessiva, globale".

 

I Cinque Stelle sono convinti che i sei anni di durata massima del processo da loro previsti risolvano il problema. Perché voi la pensate diversamente?

"Il problema non è solo fissare un tempo, come non è un problema scrivere una legge. Bisogna scrivere una legge efficace: già oggi in legge si dice che un udienza può essere fatto il giorno dopo. Poi, però, occorre che sia possibile. E dunque i termini devono essere effettivi. Nella riforma è prevista l'azione disciplinare a carico del magistrato che superano i termini, ma solo per negligenza inescusabile. Che può derivare, per esempio, dai carichi di lavoro. Ma così rischiamo che le sanzioni siano aggirabili. Per questo abbiamo proposto l'ingresso in tribunale dei manager: giurisdizione ai giudici e l'amministrazione ai manager. Ma i 5 Stelle non sono d'accordo".