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di Patrizia Maciocchi

 

Il Sole 24 Ore, 2 agosto 2019

 

Può essere considerata illegale solo la pena che risulti inferiore al minimo edittale. E nell'ipotesi di pena illegale non rientrano eventuali errori di calcolo. Con la sentenza 35200 la Cassazione respinge il ricorso del Pm che chiedeva di annullare il patteggiamento perché, in quella sede, era stata applicata per il reato di dichiarazione infedele, una diminuzione di pena per il rito, superiore a quella massima consentita dall'articolo 444 del Codice di procedura penale. Una conclusione che la pubblica accusa supporta con i numeri.

La pena di un anno e quattro mesi di reclusione, che risultava dopo l'applicazione delle attenuanti generiche era stata ridotta della metà anziché di un terzo, con una pena finale fissata in otto mesi di reclusione. La Cassazione respinge il ricorso. I giudici della terza sezione penale, ricordano che il nuovo codice di rito, introdotto con la legge103/2017, applicabile al caso esaminato, ha aperto la possibilità di ricorso in Cassazione, in caso di patteggiamento, all'ipotesi di pena illegale.

La giurisprudenza, anche a Sezioni unite, ha chiarito che l'illegalità della pena rende invalido l'accordo concluso dalle parti e ratificato dal giudice, con conseguente annullamento, senza rinvio, della sentenza che lo ha recepito. Un passo che consente alle parti di rinegoziare l'accordo su basi corrette. In quest'ambito i giudici di legittimità hanno definito la nozione di pena illegale come quella stabilita "da una sentenza che recepisca un accordo tra le parti relativamente a un reato continuato per il quale la pena-base risulti quantificata, a seguito di una errata individuazione del reato più grave, in misura inferiore al relativo minimo edittale".

Ulteriore chiarimento riguarda la valutazione di congruità della pena solo rispetto al valore finale, senza considerare i passaggi intermedi. Nel caso esaminato la pena finale di 8 mesi non è inferiore al minimo assoluto previsto dal Codice penale. "Né la pena considerata quale base di computo, è cioè quella di due anni di reclusione, è inferiore a quella prevista come minimo edittale per il reato di cui all'articolo 2 del Dlgs 74/2000, contestato all'imputato (pari a un anno e sei mesi di reclusione)". Si è dunque fuori dall'ambito di applicazione del principio sulla pena illegale, al quale è estranea l'ipotesi dell'errore di calcolo compiuti per stabilire la pena finale.