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di Paola Rossi

 

Il Sole 24 Ore, 6 giugno 2019

 

Corte di Cassazione - Sezione II - Sentenza 5 giugno 2019 n. 25066. Un regime carcerario che nei diversi step di espiazione della pena preveda anche la reclusione in celle inferiori a tre metri quadrati può comunque non integrare quel regime carcerario umanamente degradante che impedisce di dare esecuzione alla consegna della persona oggetto di un mandato di arresto europeo.

Così la Corte di cassazione con la sentenza n. 25066 depositata ieri spiega che - nel caso sussistano parametri compensativi del limite spaziale prescritto - è possibile dare esecuzione al Mae senza incorrere nella violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo e dell'articolo 18 (lettera h) della legge italiana n. 69/2005 che ha dato attuazione della decisione quadro 2002/584/Gai del Consiglio, del 13 giugno 2002, relativa al mandato d'arresto europeo e alle procedure di consegna tra Stati membri. Una procedura giudiziaria semplificata di consegna ai fini dell'esercizio dell'azione penale o dell'esecuzione di una pena o una misura di sicurezza privativa della libertà, sottoposta al vaglio delle condizioni umane - complessivamente considerate - in cui si verrà a trovare l'estradato nel Paese Ue richiedente.

La presunzione e la compensazione - La dimensione spaziale della cella non è quindi elemento che vale di per sé senza tener conto della previsione che alcuni momenti della detenzione consentono un trattamento nel suo complesso umanamente accettabile compensando la violazione dell'esplicita prescrizione spaziale.

Prescrizione che, in caso non sia rispettata, di fatto costituisce - come dice la Cassazione - una "forte presunzione" di disumanità della situazione restrittiva della libertà del recluso. Presunzione che, per quanto "forte", può però essere superata dalla compresenza di altri fattori compensativi che sono rappresentati dalla possibilità per il detenuto di beneficiare di significativi momenti all'aria aperta, di svolgere attività in spazi esterni alla cella "troppo piccola", partecipare a programmi di assistenza psicosociale negli altri spazi del luogo di detenzione o all'esterno, attività lavorative dentro o fuori dalla casa di reclusione. Ovviamente in tal caso si parla di un regime carcerario semi-aperto, che si raggiunge solo a fronte di una valutazione positiva della condotta di chi espia la pena della reclusione.

Il caso specifico - E va sottolineato la particolarità del caso concreto risolto dalla Corte con il responso positivo alla consegna del cittadino romeno. Infatti, tutti gli elementi "positivi" compensativi riguardavano proprio l'eventuale approdo al beneficio di un regime semiaperto inficiato, appunto, dalla presenza di celle più piccole delle prescrizioni internazionali e nazionali.

Infatti, la prima parte dell'esecuzione della pena riguarderebbe la reclusione in celle di 3 metri quadrati esatti. L'ok alla consegna si è raggiunto in base alle informazioni aggiuntive fornite dalla Romania sul prevedibile excursus della detenzione: la previsione di un iniziale regime chiuso in celle di 3 metri quadrati (dopo 21 giorni di quarantena in spazi sempre di 3 mq), ma in condizioni di luce naturale, areazione e arredi congruenti con una vita dignitosa e la possibilità successiva, legata alla condotta del condannato all'espiazione di un quinto della pena, di un regime semiaperto, ma inficiato dall'attribuzione di celle di soli 2 metri quadrati. Limite superato dalle compensazioni suddette.