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di Giovanni Bianconi

 

Corriere della Sera, 3 gennaio 2011

 

“In Italia c’è un sentimento politico a favore della detenzione di Battisti, ed è innegabile che questo contesto possa legittimare i timori per la situazione della persona da estradare, che si aggraverà”.

Alla fine la giustificazione per impedire il rimpatrio nella cella di un carcere dell’ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo, l’hanno trovata nel clima che si respira intorno alla sua vicenda. “È un caso che ha raggiunto dimensioni enormi, che divide le opinioni, mentre invece il momento richiederebbe serenità”, sostiene l’Avvocatura generale dello Stato nel parere consegnato al presidente Lula, utilizzato come base giuridica e politica per negare la riconsegna del “rifugiato” per il quale il tribunale supremo federale aveva dato il via libera alla consegna.
Per motivare le condizioni ostili a Battisti, il relatore Arnaldo Sampaio de Moraes Godoy ha impiegato tre pagine del lungo documento, in cui sono riportate alcune dichiarazioni di autorità italiane, dal presidente della Repubblica in giù, riprese dalla stampa italiana. Il capo dello Stato, Napolitano, “ha esortato il Brasile a estradare Battisti per rendere giustizia alle vittime” dei suoi reati.
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa, ha spiegato che con il suo ritorno i parenti delle persone uccise “avrebbero un certo sollievo dopo il dolore provato per la perdita dei loro cari; una diversa decisione sarebbe terribile”. Franco Frattini, ministro gli Esteri ha spiegato che l’estradizione “metterebbe fine alla profonda amarezza dell’opinione pubblica italiana, mentre Gasparri, presidente dei senatori del partito di maggioranza, ha annunciato che la concessione dell’asilo politico all’ex terrorista sarebbe stata considerata “patetica in Italia, con conseguenze nefaste sulle relazioni con il Brasile”.
L’antologia di dichiarazioni prosegue con Gianni Letta, Roberto Maroni e altri esponenti politici. Fino a suggerire al relatore questa conclusione: “C’è uno stato d’animo che giustifica preoccupazioni per la concessione dell’estradizione di Battisti, a causa del peggioramento che ne deriverebbe alla sua situazione personale”. In quelle prese di posizione, “si parla ricorrentemente di fare “giustizia per le vittime”, ma il diritto processuale penale contemporaneo respinge questo concetto”. Viene citato l’insegnamento di un autore italiano, Luigi Ferrajoli: “Lo scopo della pena è (o dovrebbe essere) il reinserimento sociale e del criminale”.
Nel caso di Battisti rinchiuso in un carcere italiano, secondo l’Avvocatura dello Stato, la situazione sarebbe di tutt’altro segno: “La decisione da prendere dev’essere basata su criteri umanitari. La pena inflitta è superiore a trent’anni, e dovrà essere ridotta. Ma per un condannato con oltre cinquant’anni di età (Battisti ne ha compiuti 56, ndr) sarebbe comunque simile a una pena perpetua”. Comunque ergastolo, insomma, non previsto nell’ordinamento brasiliano. E se pure Battisti riottenesse un giorno la libertà, come previsto dalle autorità italiane, sarebbe “una persona di oltre ottant’anni, a sessant’anni di distanza dai presunti fatti”.
Tutto questo, è scritto nel parare sottoposto a Lula che l’ha fatto proprio, non significa contestare la civiltà giuridica dell’Italia e la “dignità” di un Paese che “ha avuto un’influenza immensa sulla nostra cultura, la terra madre della maggior parte dei nostri immigrati; l’Italia è, senza dubbio, una dei nuclei fondativi dell’identità brasiliana”.
Ciò non toglie che “la condizione personale” di Cesare Battisti, “agitatore politico che operò negli anni difficili della storia italiana, sebbene condannato per crimini di matrice comune, potrebbe subire conseguenze negative dalla sua estradizione. Ci sono ponderate ragioni per ipotizzare che il detenuto potrebbe soffrire forme di aggravamento della sua situazione”.
È una formula, quest’ultima, che ricorre spesso nelle sessantacinque pagine del documento. E ricalca la lettera f del comma 3 dell’articolo 1 del trattato di estradizione fra Italia e Brasile, laddove è scritto che “l’estradizione non sarà concessa se la Parte richiesta ha fondati motivi per ritenere che la persona sarà oggetto di atti di molestie e discriminazioni basate su razza, religione, sesso, nazionalità, lingua, opinione politica, condizione sociale o situazione personale, o la sua posizione potrebbe essere aggravata da uno degli elementi di cui sopra”.
Le “opinioni politiche”, nel parere dell’Avvocatura, aleggiano in molte pagine. “È abbastanza chiaro che la vicenda di Battisti scontenta settori della destra e della sinistra, a voler usare espressioni del vocabolario della guerra fredda, mentre ciò non dovrebbe avere conseguenze sul caso in esame”. L’Avvocatura precisa che l’eventuale mancata estradizione, “come qui suggerito sulla base del trattato, non sarebbe indice di disprezzo per l’accordo tra Brasile e Italia. Il Brasile è strettamente conforme ai trattati che ha sottoscritto”.
È proprio l’accordo siglato tra i due paesi a prevedere che l’ultima parola spetta al presidente della Repubblica, “in un fortissimo inquadramento politico”. Nella vicenda della riconsegna o meno dell’ex terrorista Cesare Battisti al suo Paese d’origine, che vuole fargli scontare l’ergastolo al quale è stato condannato, “i reati sono comuni, non politici. Ma politica è la dimensione dei fatti”.