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di Anna Irrera

 

Italia Oggi, 9 dicembre 2010

 

Il 7% dei ricorsi pendenti dinanzi la Corte europea dei diritti dell’uomo parla italiano. Sul totale di 141.450 contenziosi sono, infatti 9.950 quelli provenienti dall’Italia che si colloca quindi al quinto posto della classifica.
Svetta la Russia (28,3%), seguita da: Turchia (11,3%); Romania (8,6%); e Ucraina (7,6%). Questo è quanto emerge dalle statistiche della Corte (aggiornate al 31 ottobre 2010) le quali rilevano, inoltre, che, in quarant’anni di attività, sono state 2.023 le sentenze che hanno visto coinvolta l’Italia. Solo la Turchia, con le sue 2.295 decisioni, è riuscita a tenere più occupati i giudici di Strasburgo.
Di questo totale di sentenze che hanno coinvolto l’Italia, in 1.556 casi è stata rilevata almeno una violazione della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Cedu), mentre sono stati 48 i casi in cui non è stata riscontrata alcuna offesa. Le violazioni italiane costituiscono quindi il 16,57% delle infrazioni totali dal 1959 al 2009. Il 18,81% sono addebitate alla Turchia, il 7,07% alla Russia, il 6,34% alla Francia e il 6,29% alla Polonia.
Tra le infrazioni riscontrate, spiccano le 1095 violazioni italiane al diritto alla ragionevole durata del processo, garantito dall’articolo 6 Cedu. Proprio queste condanne fanno dell’articolo 6 la norma dei record. È infatti l’articolo più colpito in assoluto, con un totale di 4.008 violazioni, nonché il più bersagliato da un singolo Stato membro. Le infrazioni italiane sono confrontabili alle 278 condanne alla Francia, le 320 alla Grecia o le 54 alla Germania.
Proprio questi dati hanno mosso il Comitato dei ministri del consiglio d’Europa a richiamare l’Italia attraverso la risoluzione n. 22 del 2 dicembre scorso. Con tale risoluzione, le alte cariche dello stato italiano, sono state infatti sollecitate a tener fede agli impegni presi per sanare la piaga della lunghezza dei processi. In particolare, il comitato dei ministri ha rilevato che, secondo i “pochi” dati ufficiali forniti dall’Italia, nel 2008 è stato registrato un “leggero aumento” della durata dei processi penali. L’invito “fermamente” rivolto alle autorità italiane è quindi quello di intervenire al più presto attraverso misure che vedano coinvolti i “principali attori” del sistema giustizia.
Quello della ragionevole durata del processo non è però il solo diritto sancito dall’articolo 6 a non essere garantito dall’Italia. Sono state 229, infatti, le violazioni riscontrate del diritto a un equo processo, ossia il 12% di tutte le infrazioni. Il 16% è invece costituito dalle 291 violazioni dell’articolo 1 del Protocollo 1 il quale sancisce il diritto alla protezione della proprietà. Corrispondono al 6% i 128 casi nel quale l’Italia è stata condannata per non aver assicurato il diritto al rispetto della vita privata e familiare, principio sancito dall’articolo 8 Cedu.