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La Nuova di Venezia, 9 dicembre 2010

 

Da 6 anni fa volontariato tra i detenuti, tanto da diventare un punto di riferimento importante per chi ha sbagliato ed è deciso a cambiare vita. Giorgio Schipilliti, 31 anni, mestrino doc, abita in via De Amicis, (laterale di via Piave) di fatto però, la maggior parte della settimana vive in via Passo Campalto, dove la Caritas diocesana ha aperto tra il 2005 e il 2006 la casa Monsignor Vianello, per ospitare i detenuti del carcere maschile in permesso.
Da quanto tempo fa volontariato? “Da quando sono ragazzino, ho iniziato nella parrocchia di San Lorenzo, poi sono passato alla Caritas”. Perché proprio i carcerati? “Una volta, durante un incontro del patriarca con i giovani, Scola ci ha invitato a fare volontariato. In quell’occasione aveva nominato vari esempi di possibili pratiche di aiuto: gli handicappati, i bambini, i carcerati. Alla parola “detenuti” ho storto il naso, non è che fossi tanto convinto: gente che ruba, che spaccia. È stata una questione di coscienza, mi son detto: “Se penso così che cristiano sono?”. Prima di giudicare ho voluto rendermi conto.
Ho iniziato ad andare in carcere, ad ascoltare i detenuti, accompagnarli. Un giorno uno dei cappellani del Duomo mi ha suggerito di propormi al direttore della Caritas, intenzionato a dar vita alla Casa Monsignor Vianello. Ed eccomi qua”. Ma non è un mestiere. Che lavoro fa?
“Insegno, prendo le supplenze che mi vengono assegnate, attualmente lavoro in una scuola di Mira. Sono laureato in chimica industriale, ma rimanere chiuso in un laboratorio non mi ha mai ispirato, preferisco il rapporto umano”. Cosa le piace di quello che fa? “Sacrificarmi per qualcuno, anche se in maniera spesso involontaria.
Mi spiego, non è che lo faccio per soddisfazione personale, perché in questo tipo di volontariato non ce ne sono molte: non è che tutti righino diritto, non tutti cambiano vita. Ogni tanto accade, ma non è questo che mi muove. Alla radice c’è sempre la fede, il fatto di trovarmi di fronte una persona bisognosa di aiuto”.
L’identikit delle persone che vengono a passare qualche giorno nella Casa? “Carcerati in permesso, ex detenuti, gente che ha voglia di rifarsi una vita: la casa di accoglienza li ospita per un periodo di passaggio, prima di trovare un alloggio o di essere destinati a una comunità di recupero ed io li accompagno per un pezzo di strada”.
Nello specifico? “Dormo in una stanza accanto alla loro, gli riordino la vita, li aiuto nelle piccole faccende quotidiane. Spesso sono analfabeti, hanno difficoltà a gestire la quotidianità: dall’abbonamento dell’autobus al telefonino, alla visita dal medico. Io li sostengo”. Cosa l’appassiona? “La varietà, mi trovo ogni giorno di fronte a persone diverse. Quest’anno ho visto 3-4mila persone in tutto, tra le 20 e le 30 al giorno. Vado in carcere, ascolto i detenuti, porto loro i vestiti se li hanno richiesti, alcuni li accompagno alla Casa Vianello, altri no”.