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di Giorgia Fletcher

 

Il Manifesto, 9 dicembre 2010

 

Almeno 81 detenuti del carcere di San Miguel, sobborgo della grande Santiago, in Cile, sono morti tra le fiamme nell’incendio che ieri ha devastato parte dell’edificio carcerario. Ma il bilancio potrebbe ancora salire, tra i 19 feriti ce ne sono 14 in stato critico. Una tragedia impressionante, avvenuta quasi sotto gli occhi dei familiari - mercoledì è giorno di visite. E un grande imbarazzo per il governo, costretto ad ammettere che le carceri cilene sono sovraffollate e “inumane”, come ha detto il presidente Sebastian Pinera.
L’inferno è scoppiato verso le 6 del mattino nella Torre 5 del carcere, quarto piano, dove si trovavano 147 detenuti. Il magistrato inquirente ha detto che l’incendio è stato appiccato deliberatamente - pare nel corso di una rissa tra i detenuti ammassati là dentro. Le televisioni hanno presto mostrato le fiamme che si levavano dall’edificio, decine di vigili del fuoco al lavoro, poi ancora spesse colonne di fumo nero, muri anneriti, uomini che agitavano le braccia da dietro le sbarre. Più tardi 200 detenuti, scampati alle fiamme, sono stati trasferiti dalla zona incendiata.
Tutto questo mentre decine di familiari arrivavano davanti al carcere - molti avevano in programma di farlo perché è giorno di visita, altri sono accorsi a sentire la notizia: alla disperata ricerca di notizie premevano contro i cancelli e le mura di cinta, urlavano nomi nella speranza di ricevere risposta da dietro le sbarre. “Non sappiamo se sono vivi o morti”, urlavano persone esasperate alle telecamere tv. Qualcuno ha lanciato sassi e spintonato la polizia, cercando di entrare. Altre scene di disperazione quando i funzionari del carcere hanno cominciato a leggere liste di nomi di sopravvissuti.
in un clima di forte tensione, al carcere si è precipitato il ministro della giustizia Felipe Bulnes. Ha cercato di calmare i parenti: ora si tratta di identificare le vittime, ha detto, poi sarà il momento di identificare le responsabilità. Ma ha ammesso: “al di là della causa specifica del fuoco”, sono “le condizioni di sovraffollamento” del carcere l’origine della tragedia. Il carcere di San Miguel ha 1.960 internati ma è previsto per 1.100, ha detto il ministro. E non è un caso unico, ha aggiunto: il “grave sovraffollamento” delle carceri cilene dura da decine di anni.
Anche il presidente Sebastian Pinera si è sentito in dovere di intervenire. “È una tragedia terribile e dolorosa”, ha detto, e “non possiamo garantire che il bilancio non salga”. Ma soprattutto, ha detto, “non possiamo andare avanti o con un sistema di prigioni assolutamente disumano”: il governo, ha promesso, “dovrà accelerare il processo per assicurare al paese un sistema carcerario umano, dignitoso, degno di un paese civile”.
Difficilmente le promesse consoleranno la folla di parenti che per tutto il giorno è rimasta davanti al carcere di San Miguel, tra l’andirivieni di ambulanze - molte adibite a curare i feriti e intossicati dalle fiamme. “Non sono animali, là dentro. Sono esseri umani”, dicevano alcuni parenti esasperati - mentre da dentro, dalla zona non incendiata, alcuni agitavano magliette e urlavano il proprio nome per dire “sono vivo”.

 

La riforma del sistema penitenziario

 

Un sistema penitenziario “inumano” cui il Governo già da mesi aveva deciso di porre rimedio. Il presidente cileno Sebastian Piñera commenta la tragedia che ha colpito il carcere di San Miguel, dove un incendio divampato in seguito a una lite tra carcerati ha portato alla morte di 81 persone.
Il governo aveva già “avviato il 15 ottobre un completo piano di modernizzazione della nostra struttura carceraria”, ha detto Piñera all’indomani della “tremenda e dolorosa tragedia”. “Si stanno costruendo tre nuove carceri e si stanno pianificando carceri di emergenza a moduli, come gli ospedali e e le scuole realizzati in seguito all’emergenza terremoto”, ha aggiunto. Due mesi fa, il ministro della Giustizia Felipe Bulnes aveva consegnato al presidente un piano in undici punti per riassestare la condizione delle carceri. Un piano a beneficio dei carcerati, “ma anche dei 17 milioni di cileni”, spiegava Piñera dicendosi convinto che il programma avrebbe aumentato di riflesso la sicurezza cittadina.
Il piano prevedeva l’acquisto di materassi, letti e coperte, miglioramento del vitto, delle luci e delle condizioni igieniche, dell’assistenza sanitaria nelle situazioni di emergenza, aumento delle ore d’aria. E ancora: migliorie nelle modalità di perquisizione, nel calendario delle visite, nell’assistenza spirituale e nella sicurezza interna alle strutture. Al momento sono solo 31 i corpi identificati dalle autorità cilene, per gli atri 50 occorrerà probabilmente attendere ancora qualche giorno. Ma il bilancio della tragedia potrebbe peggiorare: almeno 14 dei 21 feriti versano infatti in condizioni molto gravi. Le stime prodotte dai media cileni rivelano che il carcere di San Miguel aveva una popolazione di 1.960 reclusi, il doppio della capacità per cui era stato disegnato.