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Ansa, 9 dicembre 2010

 

Si svolgerà a Lecce il 20 dicembre l’udienza preliminare del processo ai poliziotti e ai magistrati messicani ritenuti responsabili della morte di Simone Renda, deceduto il 3 marzo 2007 nella prigione messicana di Playa del Carmen, località nella quale era andato in vacanza. Si tratta del primo processo che si svolge in Italia per omicidio in conseguenza di atti disumani e degradanti in violazione della Convenzione di New York sui diritti umani, E la storia di Simone, 34 anni, impiegato di banca di Lecce, precede drammaticamente quella di Daniele Franceschi morto quest’estate nel carcere francese di Grasse.
“Dopo tre anni di attesa e di indagini - spiega all’Ansa la mamma di Simone, Cecilia Greco Renda - siamo riusciti ad avere un risultato straordinario: è la prima volta in Italia che si processano funzionari di uno stato estero, in questo caso messicani, con l’accusa di omicidio volontario con l’aggravante della tortura e di atti disumani. Sono queste le imputazioni per otto pubblici ufficiali messicani”.
“L’udienza preliminare è una tappa molto importante - continua Cecilia Greco - perché, se ci sarà il rinvio a giudizio, si apre un precedente ed un aiuto per tutte le altre famiglie che hanno figli detenuti all’estero che hanno subito maltrattamenti. Quello di Simone è un caso che sarà scritto nei testi di procedura penale internazionale, farà giurisprudenza. E così io spero che la sua morte non sia stata vana”.
La richiesta di rinvio a giudizio dei funzionari messicani è stata resa possibile - dice la mamma di Simone - grazie ad un intenso lavoro del magistrato Ercole Aprile. “Il giudice Aprile è stato veramente coraggioso nell’abbracciare la Convenzione di New York - sostiene Cecilia Renda - che è l’unica che consente, qualora un cittadino venga sottopost a trattamento disumano da parte di pubblici ufficiali in uno stato straniero, che gli imputati di tali misfatti possano essere processati nello Stato di origine della vittima”.
La mamma di Simone dopo tre anni di lotte e di indagini sostiene che si è riusciti a far luce su quello che accadde realmente al figlio quella mattina del primo marzo 2007. E racconta: “Simone era ospite della Posada Mariposa a Playa del Carmen, doveva rientrare in Italia ma quella mattina non si sveglia e in albergo, invece di sollecitarlo, chiamano direttamente la polizia turistica per sgomberare la stanza. Il ragazzo viene portato via, viene picchiato, gli viene chiesto del denaro che non ha. Simone arriva in carcere dopo un’ora e mezza - aggiunge la mamma - dopo essere stato picchiato.
Arrivato in carcere Simone si sente male, ha un infarto, ma viene rinchiuso in una cella d’isolamento e lasciato lì. Senz’acqua e senza cibo per tre giorni e tre notti: è morto disidratato.
Cecilia Greco Renda su Facebook ha fondato un gruppo, ‘Giustizia per Simonè che ha già 1.318 iscritti. Tra questi un ragazzo inglese le ha mandato le foto di trenta ragazzi morti in Messico negli ultimi anni, sembra uccisi da poliziotti senza scrupoli. Tanti casi, come quello di Simone, ancora in attesa di una risposta. La richiesta di rinvio a giudizio per gli 8 pubblici ufficiali messicani è consultabile sul sito www.ansa.it.