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9Colonne, 9 dicembre 2010

 

L’Agenzia Habeshia e il Gruppo EveryOne esprimono una protesta formale verso le autorità egiziane che hanno arrestato 63 rifugiati eritrei e somali, dopo la loro liberazione dai trafficanti vicino a Suez City.
I profughi sono accusati di immigrazione clandestina. “Ricordiamo al Governo egiziano” dichiarano Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, co-presidenti di EveryOne, e don Mussie Zerai, di Habeshia, “che l’Egitto ha sottoscritto la Convenzione di Ginevra sui rifugiati e che i 63 migranti hanno diritto alla protezione internazionale poiché fuggono da una crisi umanitaria”. L’Agenzia Habeshia e il Gruppo EveryOne chiedono formalmente all’Alto Commissario Onu per i Rifugiati (Unhcr) Antonio Guterres e al suo portavoce in Italia Laura Boldrini di attivarsi affinché ai profughi sia concessa protezione internazionale e non vengano deportati in Eritrea.
“Sono inoltre in corso” aggiungono gli attivisti, “dei negoziati tra le autorità egiziane e i trafficanti nella cittadina di Rafah, nel Governatorato del Sinai del Nord, al confine con Israele, dove sono detenuti da oltre un mese i 250 profughi eritrei, somali, sudanesi ed etiopi, 6 dei quali sono stati barbaramente uccisi. Gli ostaggi sono nelle mani del noto trafficante Abu Khaled, la cui rete si occupa di traffico di migranti, commercio di organi umani, vendita di armi e altre attività criminose. Rimanendo comunque estremamente cauti sulle conseguenze delle trattative ancora in corso, riteniamo vi sia la probabilità di una loro liberazione a breve.
Chiediamo dunque sin da ora” continuano Malini, Pegoraro, Picciau e Zerai, “che l’Unhcr e gli uffici dell’Alto Commissario Onu per i Diritti Umani (Ohchr) vigilino attentamente sul rispetto dei loro diritti fondamentali in vista di un’eventuale liberazione dai loro carcerieri e avanzino preventivamente la richiesta formale all’Egitto che i profughi beneficino di protezione internazionale in qualità di perseguitati. L’Europa deve essere altresì pronta ad accoglierli,” concludono gli esponenti delle due Ong, “e non possiamo permettere che dopo minacce, torture e altre brutalità subiscano un arresto arbitrario e una deportazione irresponsabile”.