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di Gennaro Santoro

Terra, 29 ottobre 2010

A.M., Solo, dimenticato, è andato in coma glicemico. Ed ora ha paura perché tra qualche giorno dovrà tornare in Sicilia, per il processo, salvo rinunciare al diritto di difesa.
A.M. è cardiopatico, ha diabete, angina pectoris, pressione alta, problemi di circolazione, nonché incontinenza urinaria e fecale. Ha subito vari interventi (ben sette dal 2009) ai reni, alla bocca, alle emorroidi. è in attesa di giudizio e una volta, mentre lo conducevano da Rebibbia in Sicilia dove ha in corso il processo, si sono dimenticati i farmaci. E di lui. Solo, in un blindato, in compagnia dei suoi bisogni che non è riuscito a trattenere. Solo, dimenticato, è andato in coma glicemico. Ed ora ha paura perché tra qualche giorno dovrà tornare in Sicilia, sempre per il processo, salvo rinunciare al diritto di difesa.
In carcere ha preso 40 kg. L’insulina la può prendere solo quattro volte al giorno (insieme a tanti altri medicinali) e non diluirla in dieci dosi giornaliere come faceva quando era libero. Così la fame aumenta e i valori della glicemia schizzano, a rischio di infarto e di ictus. Lo hanno arrestato in Germania. Lì aveva una famiglia, le cure mediche gratuite e adeguate, una pensione sociale di circa 1500 euro al mese. Qui ha cocktail micidiali di medicine da ingerire “a vista”. E lo riempiono di medicine, visto che frequentemente (ogni due mesi) gli ripuliscono il sangue.
Si è presentato allo sportello del difensore civico di Antigone chiedendo aiuto. Non ha soldi, non ha nessuno, in Italia. Nel nostro piccolo, abbiamo contribuito a risolvere, in parte, le storie di A.A. e A.P.: paraplegici bisognosi di interventi urgenti, sono stati trasferiti presso il centro clinico di Opera (Milano) dove, quanto meno, potranno essere seguiti meglio da un punto di vista sanitario, e la loro salute resterà, ci si augura, stazionaria. Ma non sappiamo se lì potranno essere sottoposti agli interventi necessari.
Resta il fatto che A.M., A.A. e A.P. sono entrati in carcere malati e a distanza di pochi anni le loro condizioni sono progressivamente precipitate, a rischio di vita. Avviene così che in carcere si muore per patologie che nella vita libera sarebbero curate. Allora non c’è da meravigliarsi se nelle patrie galere il tasso di suicidi è superiore di 20 volte a quello che si registra fuori. E ha ragione chi dice che in carcere è la mancanza di speranza a indurre al suicidio. Ed è forse per questo motivo che i suicidi in carcere si riscontrano soprattutto all’inizio del periodo di carcerazione o alla fine della pena.
Ed è per questo che il maggior numero di suicidi si registra nelle carceri che maggiormente soffrono di problemi di sovraffollamento. Non a caso a Poggioreale, a Napoli, dove si arriva a vivere in nove in soli 18 mq, con 2.602 detenuti presenti a fronte di una capienza di 1.658 posti, sono stati consumati già tre suicidi dall’inizio dell’anno. Quindi, niente lacrime, coccodrilli, potevate pensarci prima!