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di Massimo Solani

L’Unità, 29 ottobre 2010

Sit in organizzato dal comparto sicurezza della Funzione Pubblica Cgil per denunciare la grave emergenza carceri del nostro paese e presentare 10 proposte per contribuire a risolvere i problemi di sovraffollamento.
Le carceri italiane esplodono nel disinteresse della politica. La popolazione carceraria aumenta, l’organico degli agenti di polizia penitenziaria è gravemente carente e decessi e suicidi ricordano ogni giorno quanto grave sia il problema negli istituti di pena. Eppure il piano carceri elaborati del ministro della Giustizia Alfano e del capo del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria Franco Ionta sembra sparito, causa assenza di fondi adeguati, da un’agenda politica monopolizzata dai problemi con la giustizia del premier Berlusconi. Per questo ieri la Funzione Pubblica della Cgil ha deciso di portare in piazza i problemi di chi ogni giorno vive il carcere al di qua e al di la delle sbarre. E non in una piazza qualunque, ma in piazza Montecitorio davanti a quella Camera da troppo tempo sorda ai problemi dei detenuti e degli agenti di polizia penitenziaria. Una protesta di grande impatto quella del sindacato (hanno aderito anche il Partito Democratico, i Radicali, Antigone, Radiocarcere, Magistratura Democratica e l’Unione delle Camere Penali) che fin davanti alla Camera ha portato la riproduzione di tre celle e “manichini detenuti”, per raccontare quali siano le condizioni di vita di chi in carcere lavora o sconta la propria pena. “Una emergenza umanitaria fuori controllo - ha spiegato il responsabile Nazionale Comparto Sicurezza Fp-Cgil Francesco Quinti - soprattutto in assenza di un progetto chiaro per uscire dalla crisi”.
Per questo il comparto sicurezza del sindacato di Corso Italia ieri ha rilanciato la propria ricetta per aiutare il sistema carceri ad uscire dall’emergenza sovraffollamento e recuperare la vivibilità necessaria. Dieci proposte, hanno spiegato, che vanno dalla modifica della normativa sulla custodia cautelare alla messa in prova, dalla modifiche alle leggi Fini-Giovanardi (in materia di droga) e Bossi-Fini (contrasto all’immigrazione) all’adeguamento dell’organico della Polizia Penitenziaria con l’assunzione di almeno ornila agenti. Il tutto, ovviamente, passando per una concreta redistribuzione dei fondi a disposizione del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (“riportiamoli almeno ai livelli del 2001”, chiedono) e per l’inserimento in Finanziaria di quel miliardo e mezzo di euro necessario al completamento del Piano Carceri. “Le nostre 10 proposte servono a questo - ha spiegato Quinti - a dare una via d’uscita, proponendo provvedimenti normativi, formule organizzative e strumenti nuovi per rendere il carcere un luogo di recupero e di reinserimento nella società, come garantisce la nostra Costituzione Repubblicana e la legge Gozzini, mai applicate del tutto. Il carcere è divenuto un luogo di reclusione e repressione del disagio sociale, un luogo angusto e malsano, tanto per i poliziotti quanto per i detenuti”.