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di Dina Galano

Terra, 25 settembre 2010

Il mondo del no profit ha protestato ieri a Roma per chiedere il “ripristino della legalità” nei penitenziari italiani. Sovraffollati oltre ogni tollerabilità, si sono trasformati in “luoghi del disagio sociale”.
Se il mondo del volontariato si fermasse definitivamente, il sistema carcere patirebbe una drammatica perdita. La maggior parte delle attività previste per legge per la cura e il reinserimento dei detenuti, infatti, sono ormai state appaltate al sociale e al no profit. Anche quelle che spetterebbero a figure professionali ben determinate, come psicologi e assistenti sociali. Ieri, quel mondo ha deciso di scioperare e riunirsi davanti a Montecitorio “per il ripristino della legalità”.
I motivi della protesta sono tanti e, rammentano gli operatori, si possono respirare nella “disperazione”, nella “tensione” che domina negli istituti. Le condizioni di vivibilità già gravi sono ulteriormente esasperate dal sovraffollamento delle strutture, che ospitano quasi 70mila persone contro una capacità inferiore ai 45mila posti letto. L’Osservatorio di Ristretti orizzonti, tra le sigle presenti oggi in piazza, dall’inizio dell’anno ha contato già 45 suicidi in carcere, mentre il totale dei detenuti morti, considerando chi si è tolto la vita, le malattie e le “cause da accertare”, è arrivato a 126. Nel 90 per cento delle celle manca la doccia, in oltre la metà il bagno alla turca è accanto al letto. Le condizioni igienico-sanitarie e di manutenzione sono spesso al limite dei principi d’umanità.
Sandro Margara, già a capo dell’Amministrazione penitenziaria in un triennio che in molti ricordano “illuminato”, parla di “strutturazione del sovraffollamento”. Aderendo alla manifestazione, spiega che “da come si sono messe le cose, non potrà facilmente allentarsi. L’affollamento è l’effetto di politiche dissennate, indifferenti a problemi già vecchi, di cui sono responsabili tutti i governi che finora si sono succeduti”.
Anche l’iniziativa di Ferragosto di portare i parlamentari nelle carceri, per il presidente dell’associazione Antigone, Patrizio Gonnella, “non si è tradotta in nessuna iniziativa legislativa concreta ed è l’ennesima manifestazione dell’inerzia di questo governo”. “Occorre intervenire immediatamente” avverte la Consulta penitenziaria di Roma che, insieme a tante associazioni come Arci, Cnca, Gruppo Abele, Uisp, Forum Droghe e Lila, ha promosso il sit in.
Affinché, spiegano, “lo scarto tra la realtà carceraria e le leggi che hanno riempito a dismisura le strutture detentive sia colmato con la riforma di alcune norme”. Il riferimento va alla ex Cirielli sulla recidiva, alla Bossi-Fini in materia di immigrazione e alla Fini-Giovanardi sulle droghe, che hanno trasformato i luoghi di restrizione in asili, sovraffollati oltre il tollerabile, per le categorie più deboli. Detenuti in attesa di giudizio, tossicodipendenti, migranti, malati di Aids, madri con figli fino a tre anni, malati psichiatrici, persone detenute affette da gravi patologie.
“Questo è un carcere fuori dal dettato costituzionale”, denuncia la presidente della Conferenza nazionale volontariato giustizia, Elisabetta Laganà, rilanciando l’idea di “un piano straordinario di azione sociale”. Orientato a logiche di coordinamento e trasparenza, costituirebbe l’ultima frontiera per fornire “dall’esterno e con l’impegno di tutti i soggetti, delle vere risposte laddove è possibile”.

Lillo Di Mauro: la politica ci ascolti

Lillo Di Mauro, presidente della Consulta penitenziaria di Roma e responsabile carcere dei Verdi: “Servono soluzioni rapide e condivise con chi opera tutti i giorni in questa realtà sempre più in difficoltà”. Non si tratta di un vero sciopero perché mai vorremo privare i detenuti anche del nostro intervento”. Lillo Di Mauro, presidente della Consulta penitenziaria di Roma e responsabile carcere dei Verdi, precisa le ragioni della mobilitazione di oggi nei penitenziari.

Oggi il mondo del volontariato in carcere incrocia le braccia. Una decisione obbligata?

Considerate le condizioni gravissime in cui versano i penitenziari dove sono negati i diritti essenziali ai detenuti ma anche ai lavoratori del carcere, il volontariato non poteva restare a guardare. Dalle sporadiche e individuali iniziative si è passati all’unione di tutte le realtà significative che intervengono in carcere per dare vita a una protesta che non si limiterà al sit in ma intende proseguire con iniziative in tutti gli istituti fino a quando il governo e il Parlamento non apporteranno le necessarie modifiche e gli indispensabili interventi.

Quanta parte giocano associazioni e cooperative nella tutela dei diritti dei detenuti?

Si può dire che essi ne sono gli interpreti principali. Basti pensare che i detenuti non troverebbero lavoro se non ci fossero le cooperative di tipo B e che, se all’interno dei penitenziari non operassero volontari e operatori delle cooperative con azioni di recupero e reinserimento che vanno dall’aiuto personale alla formazione, alle attività culturali, sociali e sanitarie, tutto il sistema imploderebbe.

Il sovraffollamento è un aggravante di tanti problemi. Con che realtà vi scontrate?

Innanzitutto con l’esasperazione degli operatori che sono costretti a intervenire in pochi su una moltitudine di persone portatrici di problematiche complesse, con regole che a volte vanificano gli interventi programmati. Come avviene con quei detenuti che frequentano un’attività di formazione oppure lavorativa che, a causa del poco personale di polizia penitenziaria che deve aprire le celle ed accompagnarli, arrivano tardi e a volte non arrivano proprio. Ma a questo si deve aggiungere la fatiscenza degli istituti.

Quali sono le vostre richieste e quali misure dovrebbero essere prese nell’immediato?

Per risolvere il problema del sovraffollamento bisognerebbe di nuovo pretendere un provvedimento urgente e dall’effetto immediato come l’indulto. Tuttavia non è questa la nostra richiesta perché siamo consapevoli che sarebbe osteggiata dalla maggioranza e anche da gran parte dell’opposizione. Ma soprattutto non risolverebbe i problemi strutturali che dipendono da leggi come la Bossi-Fini sull’immigrazione, la Fini-Giovanardi sulle tossicodipendenze, la cosiddetta ex Cirielli sulla recidiva. Chiederemo alle Commissioni giustizia di Camera e Senato di intervenire con una diversa modalità di applicazione della custodia cautelare, per l’assunzione di psicologi e educatori, di mediatori culturali, di rivedere i tagli alla spesa sociale. Di avviare, insomma, l’iter parlamentare per offrire soluzioni al sovraffollamento, rapide e condivise con chi in carcere opera quotidianamente”.

Cecchini: clima politico non favorevole

L’assessore alle Politiche sociali della provincia di Roma intervenuto all’assemblea delle organizzazioni che si occupano di carcere: “Il governo affaccendato in altre faccende, il Pd impegnato nella guerre interne”.
Non vi è un clima favorevole per discutere ciò riguarda il problema carcere. Questa l’opinione dell’assessore alle Politiche sociali della provincia di Roma, che è intervenuto all’assemblea delle organizzazioni che si occupano di carcere in corso in queste ore a Roma a Palazzo Valentini. “Il governo è in tutt’altre faccende affaccendato - ha detto Cecchini - e l’opposizione, e il Pd in particolare, sta dando più l’immagine di un partito impegnato nelle guerre interne che quella di un partito che sappia mettere al centro dell’agenda i veri problemi dei cittadini”.
Nel corso dell’assemblea le organizzazioni presenti - tra cui Consulta penitenziaria del comune di Roma, Forum droghe, Ristretti Orizzonti, Conferenza nazionale volontariato e giustizia, Arci, associazione A Roma insieme - hanno concordato sulla necessità di creare un coordinamento che comprenda anche le cooperative sociali per intervenire sui temi più scottanti relativi al carcere.